Strage di via D’Amelio, torna a parlare l’unico agente sopravvissuto all’attentato: «Fu l’inferno…»

18 Lug 2019 17:04 - di Eugenio Battisti

«Quel pomeriggio mi ritrovai in pochi istanti all’inferno. Sono trascorsi 27 anni da quel maledetto giorno ma ancora il dolore e l’angoscia non passano. Sono lì, sempre presenti. E in questo periodo ancora di più. Ancora oggi quell’inferno lo porto sempre addosso». Antonino Vullo, l’unico agente di scorta di Paolo Borsellino sopravvissuto alla strage di Via D’Amelio, si confessa all’Adnkronos. Schivo, anche se talvolta in questi lunghi anni il suo volto è apparso in televisione o immortalato dalle telecamere, non ama ricordare quei momenti drammatici.  «Non c’è giorno, non c’è notte in cui io non pensi a quel caldo pomeriggio, quando mi ritrovai all’inferno», racconta. Insieme con Borsellino morirono anche cinque agenti di scorta: Eddie Cosina, Walter Li Muli, Emanuela Loi, Agostino Catalano e Claudio Traina. Vullo,che  quel giorno era in servizio come autista, si salvò solo per un caso del destino.

Vullo: è difficile essere sopravvissuto

Nel momento in cui il giudice Borsellino e i colleghi della scorta scendevano dall’auto per andare a citofonare alla madre del giudice in via D’Amelio, Vullo era tornato indietro a parcheggiare meglio la macchina. Una pignoleria che gli ha salvato la vita. «Mentre ero girato con il viso per fare retromarcia, ho sentito un’ondata di calore infernale e poi il boato. Sono sceso dall’auto che era già in fiamme. Intorno a me era tutto buio», racconta il poliziotto con un filo di voce rivelando che nessuno degli agenti era stato prima in via d’Amelio. «Io conoscevo la zona e quel giorno aprii il corteo di auto blindate. Quando arrivammo vedemmo subito quelle macchine parcheggiate dove non potevano stare. L’esplosione non avvenne subito – prosegue il racconto –  ma solo dopo che il giudice e gli agenti di scorta erano già all’interno del cortile». Sono attimi. E Antonino Vullo si sente schiacciare da una fortissima pressione dentro la macchina. Scende dall’auto, si mette le mani nei capelli, inizia a girovagare. Non sa quanto tempo passa. Ma all’improvviso si rende conto che cammina sui resti di un piede. Il piede mozzato di un collega morto per l’esplosione.

Fu proprio Vullo a dare la prima (e unica) ricostruzione completa della dinamica della strage come risulta dalla sentenza emessa il 9 dicembre 1999 dalla Corte di Assise di Caltanissetta nel processo “Borsellino ter”, dove è scritto che «gli ultimi istanti di vita di Paolo Borsellino e degli agenti della scorta si riflettono nelle parole cariche di commozione pronunciate dall’agente Antonio Vullo, unico superstite della strage».

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