Strage di Bologna: se crolla la diga della ragion di Stato arriva finalmente la verità
Forse sta crollando la diga di omissioni, depistaggi e silenzi sulla strage di Bologna.
La nuova perizia balistica richiesta durante il processo Cavallini sull’entità dell’ordigno causa della Strage di Bologna del 2 agosto 1980 smentirebbe quelle precedenti e su basi esclusivamente probabilistiche, si legge, “non si esclude però, in via ipotetica, che l’interruttore di trasporto fosse difettoso o danneggiato tanto da determinare un’esplosione prematura-accidentale dell’ordigno”.
Inoltre, l’ordigno sembrerebbe assimilabile seppur diverso nel tipo a quello sequestrato – e inspiegabilmente consegnato ai francesi – durante l’arresto a Fiumicino nel 1982 a Margot Christa Frohlich, terrorista della rete Carlos legata a Thomas Kram, avvalorando quindi la tesi della pista palestinese. La stessa Frohlich era presente a Bologna il giorno della strage.
Le dichiarazioni di Gero Grassi
La diga della ragion di Stato – ma quale Stato c’è da chiedersi – sta crollando. Grazie anche alle dichiarazioni rilasciate all’Adnkronos da Gero Grassi, già deputato del PD, e già sintetizzate in un acuto e coraggioso editoriale sulla Gazzetta del Mezzogiorno, relative all’ “altra verità” che emergerebbe dai documenti – coperti da classificazione di primo livello – si sta consolidando l’inconsistenza delle tesi processuali – vero totem ideologico di questi decenni che non ha certo dato la verità ai familiari delle vittime- su ciò che accadde il 2 agosto 1980 e forniscono solidità alla pista giornalisticamente chiamata “palestinese”.
Questa pista di indagini sulla strage di Bologna nacque grazie al lavoro, nella commissione Mithrokin, di Gian Paolo Pelizzaro e altri che aiutavano il nostro compianto deputato di AN Enzo Fragalà. Ero presente anche io nel team dei consulenti ed ebbi modo di studiare i documenti acquisiti sulla rete Separat di Carlos e sull’accordo tra Stato italiano e FPLP.
La pista palestinese
Pelizzaro e Matassa, nel 2006, depositarono la Relazione sul gruppo Separat e il contesto dell’attentato del 2 agosto 1980 costruendo l’impianto per la pista cosiddetta “palestinese” o “teutonico-palestinese”.
Un filo rosso lega i tanti che cercano, con onestà intellettuale, di trovare la verità: Priore e Cutonilli nel loro saggio “I segreti di Bologna”, al già deputato componente della commissione Stragi Enzo Raisi – che prese e porta avanti la staffetta per la verità da Fragalà – nel suo “Bomba o non bomba”, al giornalista Silvio Leoni.
Cosa in realtà sarebbe successo?
L’esplosione sarebbe avvenuta durante il trasporto di esplosivo che sarebbe servito alla rete Separat per compiere un attentato in Italia su mandato del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) o frange estremiste al suo interno, come ritorsione per la violazione degli accordi mai ufficializzati tra l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e il governo italiano, il cosiddetto “Lodo Moro”, per il transito di armi sul nostro territorio. Sarebbe stato, infatti, l’arresto incidentale di Abu Anzeh Saleh, membro del Fronte di Liberazione della Palestina. Addirittura durante il processo venne letta dagli avvocati una lettera ufficiale che rivendicava l’accordobilaterale tra lo Stato italiano e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Ancora oggi, nel 2019, questo accordo viene smentito ufficialmente per la sua indecenza geopolitica nei confronti dei nostri alleati storici.
La battaglia di Fratelli d’Italia
Accordo che viene confermato dai documenti trasmessi dai servizi di sicurezza dei paesi del Patto di Varsavia, ora conservati presso gli archivi della commissione Impedian e resi inaccessibili al pubblico dominio grazie ad una procedura diabolica ideata dal centrosinistra.
Per ristabilire la verità storica e giudiziaria, a fronte dei processi in corso, presenterò, con Paola Frassinetti – che da sempre conduce una battaglia per la verità – e i colleghi di Fratelli d’Italia, un’interrogazione al governo per chiedere che venga dato libero accesso a tutti i documenti ora inaccessibili e che l’autorità giudiziaria si rifiuta di acquisire, relativi alla strage di Bologna e alle vicende connesse – lodo Moro, l’attività della rete di Carlos “lo Sciacallo” in Italia, i report Giovannone dal Libano dal novembre ’79 al 31 dicembre ’81 – attraverso il Copasir e il prezioso lavoro di Adolfo Urso, che in quelli della Presidenza del Consiglio.
Chiederemo inoltre che Grassi venga convocato dal Copasirper un’audizione segreta affinché sia tutelata la sua persona ma anche la verità.
Porteremo avanti la ricerca di verità sulla Strage di Bologna perché dobbiamo alle vittime e ai loro parenti il raggiungimento di una verità assoluta, sia giudiziaria sia storica, sull’intensità dello scontro avvenuto sul territorio italiano durante la Guerra Fredda.
*Deputato di Fratelli d’Italia, già consulente della commissione d’inchiesta dossier “Impedian”