Strage di Bologna: ora si andrà verso la demolizione della storiografia ufficiale?
Le recenti perizie che stanno emergendo sulla strage di Bologna stanno dimostrando che quanto ricostruito in fase processuale sulla strage di Bologna è assurdo. Lo sostiene su Noreporter.org Gabriele Adinolfi, che in una lunga analisi sulla vicenda di Bologna rileva che “stabilito fin dall’avvio delle perizie che non si sarebbe potuto evitare di assumerne le novità, ecco comparire la cortina fumogena con rivelazioni di mitomani o di prezzolati che, seguendo una tecnica sperimentata da almeno quarantacinque anni – ai tempi del Partito Operaio Europeo – e ripresa dai pentiti di Mafia, inserisce regolarmente uno o due dati oggettivi in una serie di rivelazioni fantasiose per rendere alla fine il tutto poco credibile”. Adinolfi evidenzia anche quelli che definisce i due livelli dei depistaggi praticati: innanzitutto “la caciara con tanto di rivelazioni orecchiate in punto di morte o sussurrate da chi non può confermarlo. Il secondo livello dei depistaggi è quello di trasformare la pista rossa in pista palestinese. Un depistaggio partito tre settimane prima della strage esattamente come quello contro di noi. Depistaggi confezionati prima del massacro, quindi, e da chi non poteva avere la coscienza pulita. O l’uno o l’altro andavano bene, ma non bene parimenti. Perché? Perché fascista e palestinese sono definizioni in codice ad opera degli addetti ai lavori che si parlano sempre in codice. Così come l’intera pista costruita sul Taranto-Milano contro Fiore, Vale e il sottoscritto, è una vera e propria sciarada; così come le sedute spiritiche e le uscite grottesche dei maghi durante il rapimento Moro contenevano allusioni precise al luogo di detenzione del democristiano. Allora vediamo di capire cosa significano di fatto fascista e palestinese per questi signori e dove vanno a parare con queste interpretazioni faziose”.
Adinolfi nell’articolo ricostruisce il contesto di quegli anni, dal golpe strisciante del 1978 della P2 con la connivenza del Pci, all’invasione sovietica dell’Afghanistan del 1979 e altri fattori poi segnano un cambio di passo, dice ancora Adinolfi: “Il Partito comunista che dal 1973 era stato il maggior beneficiario di tutte le azioni terroristiche e di tutte le stragi, si trova per la prima volta in difficoltà. La strage alla stazione di Bologna, nel suo stesso cuore, commessa, sia pur involontariamente, da l’ultrasinistra, che per un lasso di tempo aveva coperto ma che da un anno stava combattendo accanitamente, sarà un colpo basso. Ragion di più perché gli apparati che consentiranno quell’attentato e i successivi depistaggi salvifici per i terroristi rossi erano gli stessi che avevano operato per l’avvicinamento del Pci al governo ed erano stati in costante contatto con Pecchioli, il ministro dell’interno ombra comunista”. Coloro che trasportavano l’esplosivo, insomma, salteranno in aria perché sacrificati da qualcuno a loro insaputa. Meno credibile, per Adinolfi, la tesi, portate avanti da molti, dell’esplosione “per errore”, poiché non è verosimile che si trasporti per molto tempo un esplodìsivo innescato. Adinolfi incalza: “Ma su questo nessuno vuol demordere. Né quelli della strage fascista né quelli della strage palestinese. Perché, come si dice in Francia Je te tiens par la barbiche, tu me tiens par la barbiche. Ovvero: ci teniamo reciprocamente per il pizzetto. Che, detto altrimenti, significa che siamo sulla soglia dell’inconfessabile, per motivi deontologici e anche di credibilità spicciola. Poiché non si può ammettere la grande ammucchiata tra massoni, atlantisti, trozkisti e, a lungo, comunisti, allora bisogna scegliere di diffondere una mezza verità. Con la pista palestinese si indicano come colpevoli i trasportatori dell’esplosivo, negando che siano stati fatti saltare a propria insaputa. Si esprime, quindi, una tesi contro il Patto di Varsavia e si lascia credere che la sovversione veniva da fuori e non da dentro”. E spiega anche perché si è tanto insistito sulla pista fascista: “Perché il Partito comunista non può accettare la pista palestinese ma insiste su quella fascista? Non per i fascisti, di cui se ne frega altamente, ma perché esso ritiene che costoro, o almeno una parte di costoro, fossero collusi con la P2, magari mediante la malavita, e quindi con il partito atlantico. Cosa vuol dire in soldoni? Che non è disposto a far portare la croce del massacro all’ultrasinistra – che pure ha massacrato nei tribunali e che non ama – lasciando invece impuniti i pidduisti e quel presunto SuperSismi che le sentenze hanno definito non essere esistito ma che di fatto c’era e c’è ancora”. E la prova di questa tesi è che in effetti di fascisti non se ne è vista l’ombra a Bologna, e le segnalazioni che ci sono state sono sempre meno attendibili. Mentre è vero che ci sono elementi che comprovano la partecipazione in loco di brigatisti e agenti della Stasi in tutti gli scenari stragisti. Insomma, per Adinolfi in futuro si dovrà necessariamente andare ad una demolizione degli schemi della storiografia ufficiale. E conclude: con alcune domane che nessuno si pone: “Perché mai le due piste alternative sono state create prima della strage? Perché mai la montatura della Taranto-Milano (quella per cui noi siamo parti lese a Bologna) è stata organizzata da prima della strage? Chi erano quelli che già sapevano e che depistarono ancor prima della strage? Eppure è semplice, perché sul depistaggio che mi riguarda i dati li ho tutti: pidduisti e rappresentanti dei servizi francesi, americani e israeliani. Un bel gotha non c’è che dire. E, concedetemelo, una bella soddisfazione! Il che richiama palesemente Ustica. Ma non di certo come ce la raccontano. Si continueranno a cercare mezze verità sotto false etichette per non nominare il convitato di pietra?”.