Speriamo che sia femmina. Così, per la Bongiorno e Spadafora, la nuova Crusca

15 Lug 2019 18:22 - di Lara Rastellino

Contrordine compagni, anzi compagne: sembra proprio che la parità di genere di boldriniane ascendenze stia prendendo piede vertiginosamente: passando necessariamente per la grammatica, o meglio, per una sua revisione al femminile. Sono passati almeno tre anni e due esecutivi da quando l’allora presidentessa della Camera, Laura Boldrini, femminilizzò diciture, carte e badge in circolazione a Montecitorio, costringendo addetti ai lavori e accademici della Crusca a una repentina inversione di tendenza linguistica, cominciando proprio dai gruppi parlamentari chiamati ad attuare le modifiche delle cariche dei dipendenti della Camera, declinandole al femminile. Da allora la tendenza a “femminizzare” lessico e locuzioni scritte è diventato uno degli obiettivi più perseguiti in ogni ordine e grado delle amministrazioni pubbliche, dove  pasionarie favorevoli al ribaltone grammaticale abbondano.

La direttiva Bongiorno-Spadafora per un “dizionario di genere”

E così, dopo il caso di cui abbiamo scritto appena 24 ore fa di Velletri, dove la giunta ha appena approvato il “dizionario di genere” del Comune – che mette e al bando termini maschili sostituiti da formule neutre “inclusive”, in modo che nessuno/a resti escluso o offesa – dall’alto di uno scranno istituzionale più elevato non si è sottratta al confronto neppure il ministro della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno che, a quattro mani con il sottosegretario con delega alle Pari Opportunità, Vincenzo Spadafora, ha firmato una nuova direttiva che, tra i vari provvedimenti, dispone anche di «Utilizzare in tutti i documenti di lavoro (relazioni, circolari, decreti, regolamenti, ecc.) termini non discriminatori. Meglio quindi l’uso di sostantivi o nomi collettivi che includano persone dei due generi: avanti con la parola “persone” al posto di “uomini”» e così via, procedendo con parole astratte o declinate al femminile, come il nuovo galateo lessicale di genere, improntato al politically correct, impone.

Vocabolario e galateo per un gender mainstreaming

Tanto che, tra gli altri, Il Messaggero di sabato riportava: «E nella P.a. non valgono licenze poetiche ma regole che possano aiutare a riequilibrare i rapporti di forza. La direttiva era stata firmata dal ministro leghista e dal sottosegretario pentastellato prima che scoppiasse nel Governo la polemica sul maschilismo, con Spadafora che aveva accusato il vicepremier Matteo Salvini di avere alimentato «una pericolosa deriva sessista« anche definendo» sbruffoncella «la comandante della Sea-Watch Carola Rackete. Parole che avevano innescato la forte reazione dell’alleato di Governo». Gli echi della bomba lessicale esplosa evidentemente hanno continuato a deflagrare portando a quello che, sempre il quotidiano capitolino, definisce «un vademecum congiunto, partendo da un fatto: l’obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini «non ha trovato finora un adeguato livello di applicazione». Segue un elenco di concrete linee di azione. Tra i primi punti c’è l’adozione di iniziative «per favorire il riequilibrio della presenza di genere nelle attività e nelle posizioni gerarchiche ove sussista un divario fra generi non inferiore a due terzi». Il decalogo è stilato: formazione e aggiornamento del personale concluderanno l’opera, o meglio, l’operazione di incremento e rilancio della cultura di genere mirata ad osservare scrupolosamente galateo e abecedario del gender mainstreaming.

Commenti

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  • Il Patriota 16 Luglio 2019

    Mi chiedo come mai quei compagni che chiedevano la visita psichiatrica per Cossiga, un gigante nei riguardi di questa uterina, no l’abbiano chiesta per questa nullità come persona, politica, e genere.