Mafia nigeriana e mafie locali, allarme della Dia: i clan accasati in Sicilia, fanno affari al nord

19 Lug 2019 10:44 - di Greta Paolucci

Relazioni pericolose, innesti delinquenziali e, soprattutto, evoluzioni e degenerazioni di un sistema malavitoso pronto a declinarsi al melting pot criminale: nell’ultimo rapporto della Direzione investigativa antimafia (Dia) si fa luce su come si stanno evolvendo le mafie nel Paese, aggiornandosi a contaminazioni e sollecitazioni d’importazione estera. E nel contesto di un quadro pericolosamente generalizzato, «è sempre più il Nord il centro del loro interesse finanziario». Non solo la mafia nigeriana si è perfettamente inserita a casa nostra, ma anche attivato convergenze e sinergie con le associazioni mafiose autoctone, diventando e strutturandosi essa stessa come un’organizzazione di stampo mafioso. Tanto che la seconda Relazione semestrale 2018 della Dia dedica un capitolo a parte all’argomento, a conferma della preponderanza che questa realtà criminale sta assumendo via via nel Belpaese, forte di punti nodali d’incontro con le mafie autoctone enucleati in particolari punti di contatti che vanno dal vincolo associativo, alla forza di intimidazione, dal controllo capillare e ben radicato sul territorio alla realizzazione di profitti illeciti. Il tutto – rileva la Dia tra le righe del suo report – «sommato ad una componente mistico-religiosa, a codici di comportamento ancestrali e a un uso indiscriminatore della violenza. La mafia nigeriana – riferisce il rapporto – «è tribale e spietata, difficile da decifrare nelle dinamiche interne»…

Relazione della Dia, i tentacoli della mafia nigeriana

E l’ultima relazione della Dia lo spiega chiaramente, e lo afferma inesorabilmente: «La mafia nigeriana ha una rete in costante contatto con la madre patria, che è necessario monitorare per prevenire contaminazioni da parte di espressioni estremiste filo-islamiche presenti in Nigeria, dove Boko Haram continua a diffondersi»: una premessa più che significativa che giustifica e motiva il lavoro di monitoraggio speciale che va garantito negli istituti penitenziari, pericolosi crocevia e punti d’incontro tra soggetti a rischio in cui è facile che si enuclei ed alimenti la radicalizzazione. Un quadro allarmante, quello delineato dalla relazione della Dia, dal quale si evince chiaramente che non solo le varie organizzazioni criminali d’importazione sul nostro territorio riescono a trovare il loro spazio d’azione, ma addirittura che l’organizzazione criminale tribale della mafia nigeriana, soprattutto «in Sicilia ha trovato un proprio spazio», anche in considerazione di un «sostanziale placet di Cosa Nostra».

Mafie, al nord l’epicentro delle operazioni finanziarie

Dunque se la mafia nigeriana, in pariticolare, si radica al sud, in Sicilia, le regioni del Nord primeggiano per l’ingente numero di operazioni sospette delle mafie, con il 46,3%. Al Sud la percentuale è del 33,8% e al Centro del 18,7%. Secondo il report in oggetto, allora, «il maggior numero di operazioni finanziarie sospette di “interesse istituzionale”, emerse con riferimento alle regioni del Nord, può essere indicativo di una mafia liquida che investe in questa parte del Paese in maniera occulta, utilizzando per i propri scopi criminali delle teste di legno. Una mafia latente che potrebbe, in prospettiva, manifestarsi con caratteri più evidenti». E ancora. come riporta in queste ore, tra gli altir, il sito dell’Ansa presentando e spiegando la relazione Dia, «sempre più spesso – si legge nel documento – si individuano soggetti esterni alle organizzazioni criminali, professionisti che “prestano la loro opera proprio per schermare e moltiplicare gli interessi economico-finanziari del gruppi criminali». La Dia li definisce «facilitatori», «artisti del riciclaggio», soggetti comunque «capaci di gestire transazioni internazionali da località off shore, offrendo riservatezza e una vasta gamma di servizi finanziari. Queste nuove modalità d’intervento consentono ai mafiosi di radicarsi nelle altre regioni italiane e nel mondo, legando i propri interessi con quelli della realtà economica locale».

I limiti della legislazione antimafia

E a fronte di tutto ciò, rileva la relazione Dia, «la legislazione antimafia sembra scontare ancora i limiti legati alla competenza territoriale in cui vanno a radicarsi i procedimenti penali e di prevenzione. I fascicoli processuali tendono, infatti, ad essere attratti dai Distretti giudiziari in cui la consorteria mafiosa si è storicamente sviluppata». Conseguentemente – e il dato è davvero inquietante che troviamo nell’ultima relazione della Dia, riferita al secondo semestre 2018 – «vi è una limitata possibilità di perseguire l’azione illecita da parte dei Distretti del Centro-Nord, in cui oggi invece si manifestano con sempre maggior forza le attività economico-finanziarie delle mafie».

 

 

 

 

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