Prigioniero politico a soli 18 anni. Rischia la pena di morte in Arabia

7 Giu 2019 12:07 - di Elsa Corsini

Ha solo diciotto anni e rischia la pena di morte, dove la pena capitale è di casa. Aveva dieci anni quando la prima volta, Murtaja Qureiris, è sceso in strada insieme ad altri trenta bambini in bici per chiedere diritti umani, come urlò lui stesso da un megafono. Ne aveva 13 quando le autorità saudite lo hanno arrestato mentre, insieme alla famiglia, si stava recando in Bahrein, come spiega la Cnn. Considerato allora il più giovane prigioniero politico dell’Arabia Saudita, Qureiris, ora 18enne e in carcere da quattro anni senza processo, rischia la pena di morte. Almeno uno dei crimini di cui è accusato, Qureiris lo avrebbe commesso quando aveva 10 anni, denuncia sempre la Cnn.

Bombe molotov sulla caserma

Da bambino aveva accompagnato il fratello attivista  a un raduno di motociclette davanti a una stazione di polizia ad Awamiya, nell’Arabia Saudita orientale. Qui Ali avrebbe lanciato bombe molotov contro la caserma. Non è chiara l’età della responsabilità penale in Arabia Saudita, ma nel 2006 Riad ha riferito al Comitato per i diritti dei bambini di averla alzata a 12 anni, secondo Human Rights Watch. L’Arabia Saudita aveva in precedenza anche detto alle Nazioni Unite di non prevedere la pena di morte  per chi ha commesso reati prima di quell’età.

Torturati in carcere

La pena capitale in  Arabia Saudita, così come prescritto dalla Sharia, è prevista per vari reati, tra i quali omicidio, stupro, rapina a,mano armata, apostasia (rinuncia alla religione islamica), traffico di droga, omosessualità, aduterio. Tra i metodi di esecuzioe l’impiccagione, la lapidazione e la decapirazione, il sistema più applicato. Sono almeno tre i detenuti giustiziati in Arabia Saudita nel 2019 che avevano commesso reati prima di aver compiuto i 18 anni. I tre minorenni sono stati arrestati con l’accusa di aver commesso atti violenti nel corso di proteste durante la cosidetta Primavera araba. In tribunale hanno denunciato di essere stati torturati in carcere e che le loro confessioni sono state estorte. L’Arabia Saudita ha votato contro la risoluzione per l’abolizione della pena capitale approvata dalla Commissione dei diritti umani dell’Onu nel 2004.

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