“Made in Italy”, sventata in Canada la contraffazione del marchio della piadina

6 Giu 2019 15:04 - di Redazione

La tutela del made in Italy passa per la difesa della piadina romagnola da un attacco orchestrato e finito in Canada. L’Ufficio per la proprietà industriale canadese, il 23 maggio scorso, ha infatti accolto l’opposizione del consorzio italiano che promuove il marchio della Piadina Romagnola Igp annullando la domanda di registrazione del marchio La Piadina. È stato lo stesso Consorzio a darne notizia in un comunicato. La “battaglia” a tutela di uno dei prodotti alimentari italiani più conosciuti e apprezzati in tutto il mondo era cominciata a settembre dello scorso anno quando, si legge nella nota, «attraverso il servizio di sorveglianza, il Consorzio viene a conoscenza che presso il registro dei marchi canadese era stata depositata domanda di registrazione del marchio “La Piadina” per contraddistinguere panini e servizi di ristorazione Italian style».

Accolto il ricorso del Consorzio di tutela della piadina romagnola

Se la domanda fosse stata accettata e il marchio giunto a registrazione, la parola piadina, nel territorio canadese, in associazione a panini e servizi di ristorazione, sarebbe stata ad esclusivo appannaggio del richiedente. E a partire da quel momento nessuno più avrebbe potuto utilizzare, senza l’autorizzazione del titolare, la parola “piadina” per identificare panini, inclusa quella originaria della Romagna. Una vera beffa non solo per il Consorzio, ma anche per i consumatori che si sarebbero trovati a gustare un prodotto contraffatto nella sostanza ma non nel nome.

Sempre più frequenti le aggressioni al cibo italiano

Pericolo scampato, esultano ora al Consorzio. E con ragione dal momento che la registrazione del marchio sarebbe diventato un serio ostacolo alla commercializzazione nel mercato canadese per le aziende romagnole che esportano in Canada la piadina romagnola Igp. Legittimamente, dunque, il presidente del Consorzio Alfio Biagini parla di «grande risultato per la Romagna intera». Per poi puntualizzare che «questa vicenda, dall’esito tutt’altro che scontato, dimostra come anche in mercati lontani è possibile ostacolare l’appropriazione indebita del prestigio e della notorietà del prodotto simbolo della Romagna».

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