I giudici “perdonano” due antagonisti combattenti in Siria: «Non sono un pericolo»

20 Giu 2019 13:52 - di Stefania Campitelli

Non sono pericolosi. Vanno capiti. Il tribunale di Torino ha respinto la richiesta di sorveglianza speciale per due anni per Davide Grasso, 39 anni e Fabrizio Maniero, 43 anni, antagonisti doc legati al centro sociale Askatasuma, partiti per il Nord della Siria come foreign fighters per combattere al fianco dei curdi.

I due erano finiti nel mirino della Digos e della procura dopo il loro rientro in Italia e la Procura aveva chiesto per loro e per altre tre antagonisti, Paolo Andolina, Jacopo Bindi e Maria Edgarda Marcucci, la sorveglianza speciale. I 5 attivisti torinesi, tre vicini all’area dei centri sociali, due anarchici, avevano una caratteristica in comune: tra il 2014 e il 2017 erano stati al confine tra la Turchia e la Siria al fianco delle popolazioni curde impegnate nella lotta all’Isis. Quattro avevano partecipato agli addestramenti militari per prendere parte ai combattimenti nel Rojava e ad Afrin, e la donna nell’Unità di protezione delle donne (Ypj), la milizia femminile. Il pubblico ministero temeva che, tornati in Italia, visto anche il curriculum di piazza, potessero sfruttare le loro nuove conoscenze in materia di armi e guerriglia. Una misura chiesta per «la presunta pericolosità dei soggetti in relazione alla loro abilità nell’uso delle armi acquisita durante la militanza in Siria».

La sezione misure di prevenzione del tribunale di Torino aveva chiesto maggiori approfondimenti prima di prendere una decisione che è arrivata in queste ore con il respingimento. «L’adesione a forme di protesta sociale, attuate per diverse motivazioni, fra cui l’opposizione alla costruzione di grandi opere –  scrivono i giudici – non costituisce di per sé argomento per cui è possibile trarre per la valutazione della pericolosità». Molti di loro, infatti,  avevano precedenti penali per aver partecipato a manifestazioni e scontri No Tav o a manifestazioni violente per il diritto alla casa o per i diritti dei migranti. «L’eventuale addestramento all’uso di armi e la partecipazione a eventi bellici, in gran parte ammessi dagli stessi, non saranno ritenuti di per sé rilevanti se quelle competenze non si sono riverberate in episodi successivi di pericolosità sociale». L’esperienza siriana, insomma, «non incide sulla pericolosità e le condotte successive», l’addestramento all’uso delle armi in guerra, secondo i giudici, non può essere ritenuto rischioso se non viene valutato il comportamento tenuto una volta tornati in Italia. La richiesta delle misure restrittive, neanche a dirlo, aveva sollevato le vibranti proteste della rete antagonista e di molti intellettuali a partire dal fumettista Zerocalcare, che ha dedicato diverse strisce di solidarietà ai 5 compagni torinesi («Tutti si riempiono la bocca di lotta al terrorismo,  poi però criminalizziamo chi si unisce a chi lo combatte»).

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