Venezuela, a Trump prudono le mani: verso un’altra operazione “just cause” come a Panama?
Verso una nuova operazione “Just Cause” in Venezuela, come quando nel 1989 Bush fece invadere Panama per deporre il dittatore Noriega? I vertici della sicurezza nazionale degli Stati Uniti si sono riuniti ieri nello spazio protetto, riservato alle discussioni di questioni sensibili, del “Tank” al Pentagono, per valutare l'”insieme complessivo delle opzioni” a disposizione dell’Amministrazione in Venezuela, dopo il fallimento del nuovo tentativo dell’opposizione di prendere il potere a Caracas. Come ha spiegato il segretario della Difesa facente funzione, Patrick Shanahan, “sono all’esame tutte le possibilità”, inclusa quindi anche quella di una azione militare. “È stata una vera e propria revisione, per assicurarci che siamo tutti allineati”, ha precisato Shanahan. È intervenuto ieri, rende noto il Washington Post, anche l’ammiraglio Craig Faller, a capo del comando meridionale basato a Miami, che ha parlato delle diverse possibilità di coinvolgimento dei militari americani, per assistenza umanitaria e sostegno per i civili, più che per un intervento vero e proprio. Erano presenti alla riunione anche il segretario di Stato Mike Pompeo, il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, il capo degli stati maggiori riuniti Joseph Dunford, il capo di gabinetto della Casa Bianca facente funzione Mick Mulvaney, il direttore dell’Intelligence nazionale, Daniel Coats, e il sottosegretario della difesa per le politiche, John Rood. In mattinata, il presidente Donald Trump aveva parlato a lungo, e in termini positivi come ha commentato in seguito lo stesso Trump, al telefono della crisi in Venezuela con Vladimir Putin. Pompeo e Bolton avevano poco prima accusato la Russia di sostenere Nicolas Maduro con armi e denaro e di aver convinto il leader venezuelano a non lasciare il Paese nei giorni scorsi. Versione smentita dal presidente dopo la sua telefonata con Putin: la Russia, ha detto, “non vuole essere coinvolta laggiù”. Putin, ha ribadito il Cremlino, “ha sottolineato che solo i venezuelani hanno il diritto di definire il futuro del loro Paese” e denunciato i “tentativi di cambiare il governo con l’uso della forza”, tentativi che “vanno contro le prospettive di una soluzione politica della crisi”. Il momento è delicatissimo: ora si apprende che il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov incontrerà domani a Mosca la sua controparte del Venezuela, Jorge Arreaza. Lo rende noto il ministero degli Esteri russo citato dall’agenzia Tass. Il colloquio anticipa di un giorno l’incontro in Finlandia, a margine del Consiglio ministeriale sull’Artico, di Lavrov con il segretario di stato americano Mike Pompeo. Ieri i presidenti di Usa e Russia hanno discusso al telefono principalmente del Venezuela.