Sea Watch, dopo un interrogatorio fiume il comandante a muso duro: «Rifarei tutto»

22 Mag 2019 10:55 - di Lorenza Mariani

La butta sul salvataggio di vite umane, anche se accaduto al largo delle coste libiche e riversato come sempre sull’Italia di cui le Ong continuano a fingere di ignorare la chiusura dei porti sancita dal Viminale. E così, terminato dopo più di sei ore l’interrogatorio di Arturo Centore, il Comandante della Sea Watch 3, indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ha ribadito la convinzione del suo operato: «Rifarei tutto quello che ho fatto» ha detto a più riprese il capitano della nave sequestrata a Lampedusa dopo lo sbarco dei 47 migranti al Procuratore aggiunto Salvatore Vella che lo ha interrogato a lungo…

Sea Watch, l’interrogatorio fiume al comandante della nave della Ong durato quasi 7 ore

Dunque, una linea difensiva, quella portata avanti dal comandante della Sea Watch alla alla presenza dei suoi legali, gli avvocati Leonardo Marino e Alessandro Gamberini, che non ammette passi indietro e che in qualche modo sposa la politica “moralizzatrice ” della magistratura in materia di sbarchi, in aperta contrapposizione con le disposizioni del ministro dell’Interno, come si può desumere anche dalle dichiarazioni di procuratore (Patronaggio) e prefetto (Caputo) riportate in un video di Agrigento Notizie e che qui linkiamo per completezza dell’informazione. «Rifarei tutto quello che ho fatto, per salvare vite umane in mare rifarei tutto», ha detto allora Centore lasciando il Palazzo di giustizia di Agrigento, dopo l’interrogatorio è durato quasi 7 ore in nome di giustificazioni che prescindono nel loro assunto da qualunque tentativo di declinarsi alla politica italiana inmateria di immigrazione clandestina e gestione dei flussi. Ai pm, Centore ha spiegato infatti che la nave ha superato le acque territoriali italiane «perché Malta era più lontana». Non solo: secondo quanto riferito dal comandante dell’imbarcazione della Ong tedesca battente bandiera olandese, l’equipaggio avrebbe chiesto per diverse ore un porto sicuro, ma, ha raccontato ancora Centore, «non è arrivata alcuna indicazione e le autorità hanno risposto solo dopo 12 ore». E dunque lui ha deciso di insistere con l’Italia e di forzare la mano con il Viminale a dispetto di disposizioni ben precise, probabilmente puntando su quello che, commentando l’intera vicenda su Libero, il filosofo Paolo Becchi ha definito «un autogol della magistratura sui migranti». Su Libero ancora in queste ore, non a caso, si legge: «La procura di Agrigento ha, anche per la Sea Watch, agito di nuovo forzando la mano, disponendo il sequestro della nave allo scopo di farne scendere i migranti e rendere così vane le disposizioni del Ministro dell’Interno che voleva impedire l’ennesimo sbarco. Il tutto palesemente per dimostrare ai cittadini l’ impotenza di un Ministro». E ancora: «È che dovremmo chiederci – indipendentemente dalle diverse opinioni politiche su Salvini – se la magistratura in questo Paese possa continuare a fare ciò che fa da almeno venticinque anni: vale a dire, servirsi dei propri poteri – di natura giudiziaria – per scopi chiaramente politici.

Il comandante, unico indagato per favoreggiamento all’immigrazione clandestina, insiste: «Rifarei tutto»

Allo stato dei fatti, comunque, e dopo l’interrogatorio fiume, nell’inchiesta coordinata dalla Procura di Agrigento, il comandante della Sea Watch resta al momento l’unico indagato per favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Come apprende l’Adnkronos, peraltro, nel corso dell’interrogatorio, Centore si sarebbe assunto la piena responsabilità di quanto accaduto sulla rotta della nave fino all’arrivo a Lampedusa, avocando a sé la decisione di proseguire e insistere per l’approdo a Lampedusa. Intanto, a quanto risulta sempre l’Adnkronos sarebbero in corso di svolgimento da ieri delle perquisizioni della Guardia di finanza a bordo della nave, attualmente ancorata a Licata, dove è arrivata subito dopo il sequestro. L’equipaggio, infine, come si apprende anche da altre fonti, starebbe collaborando con le forze dell’ordine. Tranne una giornalista americana, iscritta come facente parte del personale di bordo, che si sarebbe rifiutata di consegnare la telecamera con la quale ha filmato tutto durante lo svolgersi dell’intera vicenda.

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