Mag 08 2019

Girolamo Fragalà @ 15:05

Salone del libro, l’isteria antifascista è preoccupante. Ma moriranno pazzi

L’isteria per la presenza delle edizioni casapoundiane Altaforte al Salone del libro di Torino ha raggiunto livelli che possono interessare solo gli psichiatri. Un forte disturbo della personalità e un disagio esistenziale sono all’origine di quei sentimenti. Il fascismo non c’entra, se non per la visione distorta e funzionale che ne hanno alcuni spiriti deboli e varie anime agitate.

L’antifascismo, al tempo del fascismo, a sinistra aveva un senso: evitare di perdere il controllo totale delle masse. Al tempo della guerra civile strisciante, durata quattro decenni ancora dopo la guerra mondiale, si spiegava con l’odio del nemico da combattere fisicamente. Oggi siamo alle barzellette. Per un motivo molto semplice. A prescindere dalle buone volontà dei singoli e dei gruppi, in questo momento non esiste alcun fascismo politico ma soltanto una rivendicazione umana, sociale, culturale, che si fa strada nel deserto sociale e che si offre una risposta identitaria nel tribalismo post-moderno.

Intendiamoci: il fascismo aveva compreso in anticipo i tempi in cui visse e perfino i successivi e contiene in potenza delle risposte concrete e valide. Solo che, oggi come oggi, viviamo tutti in una fiction, ai margini della realtà, anche chi si richiama al fascismo. Il “pericolo fascista” che produce tanta isteria è risibile perfino se si calcolano i numeri. Rispetto ad anni in cui la sinistra imperava e in cui essere fascisti era davvero pericoloso, non sembra affatto che i fascisti siano aumentati oltremisura, si espongono più facilmente perché non si rischia la vita, ma i numeri effettivi dell’ambiente sono sempre gli stessi. Il problema è che sono iniziati a sparire i compagni e se prima il rapporto era di venti a uno e ora è di uno a uno la colpa è loro.

Che senso ha allora prendersela così? La ragione, dicevamo, è psichiatrica. Da quando la sinistra ha abbandonato la logica della guerra di classe e ha sposato le utopie liberal delle borghesie occidentali, ha iniziato a sognare mondi perfetti che rispondessero a una serie di dogmi astratti, congeniali agli scenari che il capitalismo favoriva. Il problema è che questi mondi perfetti si sono rivelati inferni di convivenza sociale, disastri economici, morali e culturali. Le classi intellettuali che fungono da araldi del potere sono state spiazzate, si trovano – in termini marxisti – in piena crisi di corrispondenza. Ovvero non controllano più le folle e quindi sono impazzite.

La reazione della gente, con diverse sfumature d’intelligenza e stupidità, di trinariciutismo e d’ingegno, viene condannata perché vista come lesa maestà. La si taccia quindi come “fascista” perché il nemico che un dì aveva fatto paura a borghesi e comunisti è maledetto e, quindi, è facile maledire ogni fenomeno appiccicandogli quell’etichetta. Ciò non soltanto è improprio, ma ormai non funziona neppure più. Ma l’isteria antifascista non si spiega soltanto con questo tentativo fallace: è qualcosa di ben più preoccupante. I costruttori di Torri di Babele, sulle cime di cui tutti vivranno un giorno felici e contenti, non riescono a capacitarsi del tracollo delle loro utopie. Essi credono che l’uomo nasca buono e venga guastato dalla società e ritengono che alcuni eletti illuminati (loro), educando gli altri (che sono ignoranti e vivono senza lumi), emanciperanno l’umanità conducendola in un felice paradiso femminilizzato e castrato.

Se le cose non funzionano così, se la gente non ne può più, se le “risorse” della “società aperta” si mostrano mine vaganti, non si deve accettare la realtà e rivedere il progetto. No, meglio un dargli all’untore per esorcizzare la peste.  Così sono antifascisti perché hanno bisogno di cercare l’untore visto che non intendono affrontare l’epidemia ricorrendo a misure d’igiene e di buon senso. Moriranno pazzi.