Professoressa sospesa, Zecchi: «Pessima docente. Ciò che ha fatto è drammatico e grottesco»
Con un intervento articolato e motivato sul Giornale Stefano Zecchi, scrittore, poeta e docente di Estetica, dice la sua sul caso della professoressa sospesa per non avere vigilato sul compito degli studenti e sul paragone improprio tra le leggi razziali del 1938 e il decreto sicurezza di Salvini. «Autostima e conoscenza si possono apprendere, e gli artefici di questo apprendimento arrivano dalla scuola e dalla famiglia. In questo caso, è più importante la scuola, sia perché è una realtà di socializzazione più complessa di quella che può provenire dalla famiglia, sia perché il suo ruolo essenziale è quello di insegnare, dunque di far conoscere e di sviluppare l’autostima di un giovane attraverso l’apprendimento, attraverso il sapere. Compito molto difficile, certo, ma gli insegnanti vengono pagati per svolgere questo compito».
Zecchi: insegnare, non manipolare
Una premessa per constatare che «Ciò che ha fatto l’insegnante palermitana è drammatico e grottesco al tempo stesso», scrive Zecchi. «Credo profondamente nella libertà di pensiero, quindi se l’insegnante in questione ritiene Salvini non diverso da Hitler, Mussolini, mettiamoci anche Stalin, padrona di pensarlo e di dirlo ma a casa sua, tra gli amici, al bar, anche in un dibattito televisivo. Cioè, libertà di pensiero: poi spetterà ai suoi interlocutori capire, se lo volessero, quali siano i fondamenti di quel pensiero. A scuola assolutamente no, il comportamento deve essere diverso: qui la propria idea politica deve rimanere dietro le modalità dell’insegnamento, perché il compito dell’insegnante è di far conoscere cercando lo sviluppo di una coscienza critica da parte del giovane».
La morale a cui giunge lo scrittore è questa: «L’insegnante palermitana, che Salvini si augura torni presto a scuola («giovedì sono a Palermo e vorrei incontrarla», ha detto) ha fatto questo? No, quindi è stata una pessima docente».
«Le banalizzazioni rimangano fuori dalla scuola»
Insiste Zecchi: «Drammatica e grottesca l’insegnante palermitana. Drammatica perché rovina la testa dei suoi studenti, quando dovrebbe proteggerla e aiutarla a svilupparsi nell’autonomia di giudizio». Spiega: «Capisco che nel mondo della politica, del dibattito televisivo le associazioni tra passato e presente, tra le vicende storiche di un tempo e la realtà presente possano con semplicistica comunicazione essere mistificate per provocare. Ma a scuola no; questo è il luogo deputato alla comprensione scientifica dei fatti, all’approfondimento del sapere: le banalità non devono trovare spazio tra le mura della scuola».
Nostalgia del ’68 antifascismo militante
L’affondo: «L’insegnante palermitana è una penosa figura grottesca. È la nostalgia del Sessantotto e dei successivi Anni di piombo, quando si era inventato «l’antifascismo militante». Nel suo nome, veniva picchiato o ammazzato chiunque non si schierasse per l’antifascismo militante – scrive Zecchi sul Giornale – che di antifascismo non aveva nulla, ma era il pretesto per l’esercizio della violenza contro un nemico designato. Non è un caso che, chi si è schierato a favore della professoressa palermitana, evochi l’antifascismo militante: cinquant’anni fa tragico, rievocato oggi grottesco».
Forse Zecchi prima di sentenziare come se fosse Dio sulla terra, come sempre fa, purtroppo, dovrebbe documentarsi. Forse il Giornale, prima di pubblicare un articolo di siffatta manifestazione odiosa nei confronti di una donna onesta, professionalmente corretta e preparata, dovrebbe capire se vale la pena scrivere nella verità o usare fandonie al vetriolo per fare audience