Milano, partorisce nel “bosco della droga”. San Patrignano: “La accogliamo noi”

22 Mag 2019 16:09 - di Annamaria Gravino

Alla fine è la Comunità di San Patrignano a dover intervenire per dare una speranza alla 28enne ucraina tossicodipendente e a quel suo figlio messo al mondo due giorni fa nella disperazione di una cascina abbandonata in zona Rogoredo, ritrovo di eroinomani che si riforniscono al “boschetto dello spaccio” poco distante. Eroinomane è anche lei e, come lei, suo figlio, che ha succhiato la dipendenza direttamente dal cordone ombelicale. I medici, che li hanno soccorsi dopo una chiamata d’emergenza, hanno detto che il piccolo è praticamente nato in crisi d’astinenza, ma che per il resto è in buona salute e che starà bene dopo i protocolli per disintossicarlo che dureranno tre o quattro settimane. Ma subito sono emerse le incognite sul suo futuro, ora affidato ai magistrati del Tribunale dei minori.

Quelle vite abbandonate al “boschetto”

Starà a loro decidere se dare una chance alla madre o se prevedere per lui un destino lontano da quella giovane donna che, nonostante l’uso abituale di droga pesante e nessun controllo medico, è miracolosamente riuscita a farlo nascere sano e abbastanza forte da sopravvivere alla droga. Una luce che è stata colta a San Patrignano, dove da anni l’esperienza e l’ostinazione rimettono insieme pezzi di vite altrimenti distrutte, e dimenticate dai più. Anche dalle istituzioni di quelle città, come la Milano di Giuseppe Sala, che si fregiano in continuazione del titolo di solidali, ma poi lasciano che giovani donne si consumino in un degrado notissimo a tutti. E’ stato il Corriere della Sera, nelle cronache di questi giorni, a riferire che alla Mangiagalli (la “clinica dei bambini” come la chiamano a Milano) casi di neonati come quello della cascina se ne vedono “una ventina l’anno e stanno aumentando, conseguenza diretta dell’aumento del consumo di eroina” e ad aggiungere che “alcuni operatori delle associazioni raccontano che a Rogoredo, in queste settimane, si nota un’altra ragazza in gravidanza che frequenta abbastanza regolarmente la zona”.

L’offerta di San Patrignano: “Mamma e figlio vengano da noi”

“Una ragazza che partorisce nel bosco di Rogoredo è il simbolo della disperazione massima a cui può portare la tossicodipendenza“, ha sottolineato Antonio Boschini, responsabile terapeutico della Comunità di San Patrignano, offrendo “la nostra massima disponibilità per accogliere questa ragazza”. “Non ci interessa quello che è stato il suo passato – ha precisato – ma vogliamo guardare con fiducia al futuro suo e di suo figlio, convinti che la sua sofferenza possa trasformarsi in felicità al quadrato”. A San Patrignano, realtà che dall’anno della fondazione nel 1978 ha accolto oltre 26 mila ragazzi, “ben conosciamo il dramma che vivono queste ragazze che – ha detto ancora Boschini – oltre a dover affrontare la loro dipendenza, nella solitudine e nel degrado che vivono, tentano di affrontare quei 9 mesi che dovrebbero essere l’anticamera di un sogno, ma che spesso per loro si trasformano in un incubo. Nove mesi in cui purtroppo quella dannata dipendenza si mostra comunque più forte della gioia per la vita portata in grembo”. “Allo stesso tempo – ha proseguito il responsabile terapeutico di San Patrignano – vogliamo immaginare che questa nascita possa essere una rinascita per la ragazza stessa, un evento da cui possa trovare nuova forza. E’ stato così per le tante mamme che abbiamo accolto con i loro bambini”, ha concluso Boschini, ricordando che “dal ’78 a oggi sono state 430 le ragazze con figli che grazie alla comunità hanno imparato a essere madri”.

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