Rimpatri, Salvini alla guerra dei numeri. Ma sono troppe le falle nel sistema
La “pezza” è peggiore del buco. Soprattutto se a metterla è un ministro in carica dopo aver smentito se stesso. Parliamo di Matteo Salvini e del numero degli immigrati irregolari. «Ne abbiamo 500mila», era stato il leit-motiv della sua campagna elettorale. Talmente convinto dell’esattezza di quel numero da riversarlo tal quale nel contratto di governo stipulato con Luigi Di Maio all’indomani del varo dell’attuale esecutivo. Salvo poi ridurlo a 90mila in una conferenza stampa tenuta l’altro giorno. Una vera sorpresa, anche perché non si aveva notizia di 410mila clandestini rimpatriati. Nè è ipotizzabile che il Viminale abbia messo la sordina alla notizia di un risultato così clamoroso. E allora ecco la “pezza”: «Il ministero dell’Interno – scandisce Salvini confermando quota 90mila – ha i dati aggiornati in tempo reale. Gli altri possono giocare a lotto, ma i numeri dicono questo».
Salvini aveva parlato di 500mila irregolari. Ora dice 90mila
Ma sono veri anche i 500mila perché – spiegano fonti del Viminale – quel dato era calibrato sul trend degli sbarchi in Italia negli anni dei “porti aperti”. Era, cioè, un dato potenziale, una proiezione. Salvini ne parlava, però, come se il mezzo milione di clandestini fosse già in circolazione. Infatti, la situazione è cambiata con la stretta sui porti dall’estate scorsa nonostante i rimpatri procedano col contagocce. I dati ufficiali, citati in un ampio servizio del Corriere della Sera, dicono che nel 2017 (governo Gentiloni) sono stati 7.383 a fronte di oltre 119mila immigrati sbarcati; nel 2018 (dal 1° giugno governo Conte) sono saliti a 7.981 rispetto a 23.370 nuovi arrivi; in questi primi quattro mesi dell’anno sono arrivati a 2.053. A fare la differenza è perciò il crollato numero degli sbarchi sulle nostre coste: 478.683 dal 2015 ad oggi; appena 666 nel 2019, grazie, appunto, ai porti chiusi. Dal Viminale, tuttavia, sottolineano che il combinato disposto tra il leggero aumento dei rimpatri e crollo degli sbarchi fa sì che i primi sopravanzino di tre volte gli arrivi: 2053 rispetto a 666.
Procedure troppo farraginose rallentano i ritorni in patria dei clandestini
Il tema dei rimpatri resta però intrecciato a quello degli accordi con i Paesi di provenienza. A oggi l’Italia ha stipulato intese di massima solo con Tunisia, Marocco, Nigeria ed Egitto. All’appello mancano gli Stati da cui proviene oltre la metà degli irregolari arrivati nel 2019 e cioè Algeria, Bangladesh, Senegal e Iraq. Senza tralasciare che i tempi – tra accertamento di identità, via libera del consolato, fondi per le scorte di polizia – restano lunghissimi per effettuare anche un solo rimpatrio. Ce la caviamo solo con la Tunisia: due charter a settimana da 40 persone. Praticamente niente. Nel frattempo tentiamo un’intesa con il Ghana, da cui proviene però solo lo0,47 per cento di immigrati. Un’altra tegola potrebbe paradossalmente arrivare dal decreto sicurezza. Lo dice l’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) secondo cui il provvedimento voluto da Salvini farà aumentare di 140 mila gli irregolari in Italia: tutti quelli, cioè, usciti dai Cara senza più la protezione umanitaria.