Il Di Maio anti-Lega piace ai dissidenti del M5S: «Ma ora basta espulsioni»

9 Apr 2019 15:38 - di Michele Pezza

La svolta anti-Lega di Luigi Di Maio fa svanire il dissenso nel M5S. Dice, infatti, la senatrice Elena Fattori, insieme alla collega Paola Nugnes, tra le più irriducibili ribelli nei confronti dell’anima governata dei Cinquestelle: «Bene la svolta – dice -, purché non sia solo immagine». Ora però, aggiunge subito dopo rivolgendosi a Di Maio, «sarebbe un segnale importante chiudere la vicenda delle nostre espulsioni». La Fattori parla soprattutto per sé e per la Nugnes, dal momento che entrambe sono sotto procedimento disciplinare. Un dissenso – quello delle due senatrici – sbocciato proprio all’indomani della formazione del nuovo governo, quando il successivo appiattimento di Di Maio su Salvini s’intravedeva a malapena. La senatrice, però, per  mandare in soffitta la stagione del dissenso, chiede «fatti» concreti: Quali? Soprattutto due: archiviare la pratica espulsioni e abbracciare il tema dei diritti umani. Ma subito perché, spiega, «è troppo facile fare maquillage» a ridosso delle elezioni e «dopo il decreto sicurezza e la vicenda Diciotti». A benedire la svolta anti-Salvini c’è anche un sottosegretario: «Questo è il Di Maio che ci piace. Ha ingranato la marcia, sono certo che affronteremo alla grande questa campagna elettorale per le europee».

La “ribelle” Fattori chiede «fatti concreti»

È la conseguenza del combinato disposto tra i sondaggi e i risultati delle elezioni regionali dell’ultimo anno che si è abbattuto come una scure su Di Maio e il MoVimento, con i secondi che hanno impietosamente confermato le stime dei primi: arretramento, calo, caduta in picchiata. Fino a ribaltare i rapporti di forza con l’alleato Salvini, dato oggi stabilmente oltre il 30 per cento, laddove solo un anno fa svettava solitario il M5S che oggi invece annaspa intorno al 20 dove è il Pd a contendergli la seconda piazza. È stata proprio l’affermazione di Zingaretti alle primarie, letta in casa grillina come l’avvio della de-renzizzazionea far scattare l’allarme rosso.

Di Maio si butta a sinistra per impedire il sorpasso del Pd

Da qui la scelta di Di Maio di brandire la questione dei diritti, differenziandosi così dal Carroccio: ecco allora che trovano spiegazione la crociata anti-Verona, dove si è tenuto il Forum mondiale delle famiglie, e gli attacchi ai partner europei della Lega («preoccupa l’alleanza con chi nega l’Olocausto»), fino ad arrivare alla bordata di ieri lanciata da Di Maio contro Casapound («va sgomberata al pari dei campi rom»). La sfida ora si chiama salario minimo garantito. Secondo il deputato Michele Sodano, «Di Maio sta affermando quella che è l’identità più verace del M5S, un movimento post ideologico che ha ancora l’ambizione di salvare l’Italia dalla deriva di corruzione e disuguaglianza su cui ci avevano portato i finti partiti del popolo, da Forza Italia al Pd».

 

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