Guerra civile e contagio della Tunisia: così la Libia rischia di farci sprofondare nel caos

8 Apr 2019 14:10 - di Luciana Delli Colli

Haftar avanza, Tripoli lo respinge. Nel quinto giorno dell’offensiva lanciata dal generale contro il governo di concordia nazionale di Fayez al-Serraj, mentre si contano i morti da entrambe le parti, la guerra di posizione alle porte della capitale libica prosegue e le diplomazie internazionali si fanno sempre più preoccupate per la possibile esplosione di una nuova guerra civile, che avrebbe effetti devastanti non solo per il Paese, ma anche a livello geopolitico, con conseguenze dirette sull’Italia. Si teme per la sicurezza degli Stati confinanti, Tunisia e Algeria in testa, e per gli effetti sul mercato del petrolio e sui traffici di migranti.

Tripoli si riprende l’aeroporto

Nelle ultime ore l’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) guidato dal generale Khalifa Haftar ha annunciato di aver preso il controllo del campo militare Yarmuk, a sud di Tripoli. La notizia è stata resa nota da una fonte del comando generale delle forze di Haftar all’agenzia di stampa russa Sputnik. Di contro le forze di Tripoli hanno fatto sapere di aver ripreso il controllo dell’aeroporto internazionale, situato nella zona sud della capitale. A riferirlo è stata al-Jazeera, precisando che le truppe di Haftar si sono ritirate dallo scalo lasciando dietro di loro veicoli militari ed armi. Anche il portale d’informazione Libya Observer ha confermato che l’aeroporto internazionale e le aree circostanti sono nelle mani del governo di Tripoli, che ieri aveva annunciato una controffensiva, avviando l’operazione “Vulcano di Rabbia”. Lo stesso sito spiega poi che le forze fedeli al consiglio presidenziale controllano anche le zone di al-Aziziyah, sempre a sud di Tripoli, e di al-Hira, vicino a Gharian.

L’Onu lancia l’allarme sugli sfollati

Benché l’offensiva di Haftar si confermi assai più difficile di quanto il generale avesse sperato, la situazione resta delicatissima. L’Onu, continuando a chiedere una tregua umanitaria, ha rivelato che il numero di sfollati a causa dell’«escalation di violenze a Tripoli e nei dintorni» cresce a ritmo vertiginoso e ora sono arrivati già a più di 2.800. Inoltre, la missione Onu in Libia ha reso noto che l’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Ghassan Salamé, ha incontrato Serraj per discutere «le modalità con cui Unsmil, che prosegue il suo lavoro da Tripoli, può fornire assistenza in questa fase critica e difficile». La priorità, in attesa che si giunga a una non facile soluzione diplomatica, resta la messa in sicurezza della popolazione.

L’impennata dei prezzi del petrolio

Intanto, chi può va via. Il presidente di Federpetroli Italia, Michele Marsiglia, ha reso noto che «gran parte delle imprese italiane dell’Oil & Gas ha ritirato il suo personale dalla Libia». «Tra loro figurano alcuni big», ha sottolineato Marsiglia, chiarendo che le imprese che fanno riferimento a FederPetroli «hanno tutte ritirato il loro personale, non solo quello italiano», ma precisando che il ritiro non risale agli ultimi giorni. «È da più di anno che non riusciamo a organizzare un incontro a Tripoli», ha aggiunto il presidente di Federpetroli, spiegando che le compagnie assicurative «non garantiscono» la copertura per i lavoratori che operano nel Paese nordafricano. E proprio sul petrolio si registrano le immediate ripercussioni della crisi: i prezzi al barile hanno toccato i massimi in cinque mesi, proprio per le aspettative del conflitto crescente che potrebbe far scendere le forniture.

Salvini: «La situazione in Libia è preoccupante»

«La situazione in Libia è preoccupante e la sto seguendo costantemente», ha detto il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, aggiungendo che «stiamo ragionando con tutte le parti in conflitto per arrivare a un tavolo dove ciascuno rappresenti una parte di Libia». «Stiamo dialogando con tutte le parti in causa, ma ovviamente da soli non ce la facciamo. Perciò sarebbe importante che anche gli alleati europei gettassero acqua sul fuoco e non benzina», ha detto ancora Salvini, mentre è stata Emma Bonino a sottolineare che «quello che rischiamo è il riesplodere con violenza della guerra civile libica» e che «l’intera regione è messa a dura prova».

 

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  • Giacomo Puliatti 9 Aprile 2019

    Desidererei sapere che cosa ci fa la francia in Libia. Pe quale motivo il Governo libico riconosciuto dal mondo occidentale e non solo, ha protestato contro questi francesi. Sta forse progettando una “invasione” della Libia?