Tav, fumata nera dal vertice. Ultimatum di Salvini, spaventato da un sondaggio ammazza-Lega
Farla, farla piccola, far finta di volerla fare, non farla proprio. Qualche giornale questa mattina ha titolato, molto efficamente, sul “Nì Tav“, sintetizzando col dubbio amletico l’esito del vertice notturno a Palazzo Chigi, con i due partiti di governo, a quanto pare, ancora arroccati sulle proprie posizioni rispetto alla linea Torino-Lione ad Alta Velocità. Le cinque ore di vertice di governo non hanno infatti sciolto il nodo del cantiere della discordia. Quel che trapela al termine della riunione – conclusa attorno alle 2 di notte – è la richiesta di un approfondimento giuridico sui bandi di Telt e un confronto alla Francia, con possibile vertice bilaterale, sui criteri di finanziamento dell’opera. Ma il lungo confronto tecnico sembra non aver avvicinato affatto le posizioni dei due alleati di governo, che restano su visioni diametralmente opposte circa il destino della Torino-Lione. Fonti di governo della Lega parlano di un confronto “costruttivo, seppur le posizioni restino distanti”. Al momento non si hanno ancora notizie di un aggiornamento del vertice – oggi il premier Giuseppe Conte ha un’agenda fitta di appuntamenti – anche se alle 19.30 è convocato a Palazzo Chigi un Consiglio dei ministri che potrebbe costituire nuova sede di confronto. Dopo tre ore e mezzo di illustrazione dei dati, legati al dossier Tav, a costi e benefici derivanti dalla realizzazione dell’alta velocità, i tecnici in piena notte avevano lasciato la sede del governo. Poi, oggi, la nota: «All’esito del confronto di ieri a Palazzo Chigi sul Tav si è convenuto che l’analisi costi-benefici sin qui acquisita pone all’attenzione del Governo il tema del criterio di ripartizione dei finanziamenti del progetto tra Italia, Francia e Unione Europea. Sono emerse criticità – si rimarca nella nota – che impongono una interlocuzione con gli altri soggetti partecipi del progetto, al fine di verificare la perdurante convenienza dell’opera e, se del caso, la possibilità di una diversa ripartizione degli oneri economici, originariamente concepita anche in base a specifici volumi di investimenti da effettuare nelle tratte esclusivamente nazionali».
I giornali, questa mattina, si scatenano in mille ipotesi diverse. C’è chi parla di accordo trovato sulla mini-Tav, chi di un ulteriore rinvio a dopo le Europee, chi rilancia sulle dimissioni del ministro Toninelli, chi di un potenziamento del Frejus con i soldi della Tav, chi, come il Corriere della Sera, svela un dettagliato retroscena su un ultimatum che il vicepremier della Lega Matteo Salvini avrebbe posto agli alleati: «O vota il Parlamento o si farà un referendum». Il leader della Lega sarebbe spaventato da un sondaggio che dimostrerebbe come, in caso di no alla Tav, la Lega sarebbe molto più penalizzata dei M5S in caso di sì all’opera. In sintesi, secondo quanto scrive questa mattina La Stampa di Torino, gli elettori del Carroccio potrebbero non perdonare a Salvini la sua “debolezza” sulla Tav più di quanto i grillini non perdonerebbero un dietro-front del M5S rispetto alle promesse: «Se non di dovesse realizzare la Tav sicuramente la Lega pagerebbe un peso molto più pesante di quello che potrebbe pagare M5S se invece decidesse di procedere», dice Antonio Noto, con una tesi condivisa da altri autorevoli sondaggisti: «Il 70-80% dell’elettorato leghista è favorevole alla Tav, tra gli elettori del M5S invece i contrari sono solo il 65-70%…». Intanto la Commissione europea è pronta a inviare una nuova lettera all’Italia per ricordargli che l’eventuale “no” alla Tav comporterà la violazione di due regolamenti Ue del 2013 e la perdita di circa 800 milioni di euro.