Terrorismo, l’Ue se ne lava le mani: «I foreign fighters sono un problema dei singoli Stati»

22 Feb 2019 14:28 - di Redazione
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Sono gli Stati membri dell’Ue, e non l’Unione europea, ad avere la competenza esclusiva sulla decisione se permettere o meno di tornare in patria ai foreign fighters europei che si sono recati in Siria o in Iraq per combattere con l’Isis o con altre organizzazioni jihadiste. Lo ha spiegato la portavoce della Commissione Europea per le migrazioni, Natasha Bertaud, durante il briefing con la stampa a Bruxelles. «Se i foreign fighters con le loro famiglie possano o meno rientrare in patria è prima di tutto una competenza nazionale dei singoli Stati membri», ha detto Bertaud, ricordando comunque che sul terrorismo «l’Ue ha severe regole di sicurezza in vigore, in particolare viaggiare per compiere atti terroristici e lasciare l’Ue o tornarvi o viaggiarvi per tali scopi è un reato penale in tutta l’Unione».

In Siria arrestati 850 foreign fighters di 40 Paesi

«Da dicembre dello scorso anno gli Stati membri hanno l’obbligo di creare allerta nel sistema informatico Schengen per tutti i casi legati al terrorismo, il che significa che le autorità in tutta l’Ue sarebbero al corrente di questi casi, ma la decisione se riammettere o meno un cittadino è una competenza puramente nazionale», ha ribadito Bertaud. Il problema è da settimane motivo di scontro tra Stati Uniti e Ue. Secondo il Meir Amit Intelligence and Terrorism Information Center (Israele), le Forze democratiche siriane detengono circa 1.500 prigionieri dello Stato islamico, circa 850 dei quali sarebbero foreign fighters provenienti da oltre 40 Paesi, anche occidentali. Ci sono poi, nei campi controllati dalle forze curde, circa 1.500 bambini e 700 donne, le quali hanno aderito all’Isis o hanno sposato miliziani dell’Isis.

Come si sono regolati finora i singoli Stati

Gli Usa hanno esortato gli alleati europei a farsi carico dei rispettivi prigionieri, ma per ora dall’Europa sono arrivate risposte prevalentemente negative. In particolare, Francia, Belgio e Gran Bretagna hanno respinto la richiesta degli Usa, mentre la Germania e il Canada hanno riconosciuto il diritto dei rispettivi cittadini a ritornare, malgrado gli evidenti rischi e i problemi che comporta il rimpatrio di persone radicalizzate e militarmente addestrate. Secondo l’istituto israeliano, è la Francia il Paese che ha il contingente più numeroso di foreign fighters tra i prigionieri nelle mani dei curdi. La Gran Bretagna ha revocato la cittadinanza ai sudditi del Regno che si sono uniti all’Isis, ma la questione è controversa: Shamima Begum, oggi 24enne, si è recata a Raqqa, con delle amiche, quando aveva 19 anni, si è unita all’Isis e ha sposato un cristiano olandese, convertito all’Islam. Ora vorrebbe tornare in Gran Bretagna con suo figlio, nato in un campo di rifugiati nel nordest della Siria. La famiglia, secondo quanto riportato da diversi media, starebbe valutando tutte le vie legali per impedire all’Home Office di togliere la cittadinanza alla donna.

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