Basta silenzio! Mi accampo a Montecitorio per mia figlia Miriam, stuprata in una struttura protetta
Come rispondere al dolore di una madre a cui hanno abusato e terrorizzato per sempre una figlia, vittima di un ritardo mentale e con gravi disturbi comportamentali? Come ratificare in una norma e stigmatizzare in un procedimento giudiziario, il torto di una violenza sessuale agita su una minore inerme, inabile a difendersi eppure capace di sentire ogni istante dell’affronto, di avvertire ogni minima costrizione, ogni torto inflitto alla sua persona e alla sua anima innocente, e indifesa in quegli interminabili minuti di abusi e di sopraffazione crudele? Come rendere giustizia a una famiglia, provata dalle difficoltà e stremata da un dolore a cui si è aggiunto anche l’inaccettabile sopruso compiuto all’interno di una struttura protetta che, per definizione e per statuto, avrebbe dovuto tutelare e aiutare, sia i carnefici che la vittima di questa terrificante vicenda?
Miriam, adolescente disabile abusata nella struttura che doveva aiutarla e proteggerla
Non sappiamo come rispondere alla drammatica richiesta di aiuto e alla disperata ricerca di giustizia e di verità che ormai da anni segna le giornate di Gloria Deisori che a noi, come a tanti altri prima di noi, è tornata a rivolgere la sua disperata richiesta di aiuto per restituire verità e giustizia a sua figlia Miriam, oggi 19enne, che il 14 settembre 2017, quando era quasi al termine di un percorso neuropsichiatrico che avrebbe dovuto portarle nuove amicizie e un più connaturato spirito d’indipendenza comportamentale, si è ritrovata a fare i conti con il dolore e l’inspiegabilità di una violenza sessuale inferta senza pietà, senza remore, senza la minima consapevolezza della tragedia che si stava infliggendo a un essere indifeso più di chiunque altro. «Mi avevano convinto a far seguire a mia figlia Miriam un percorso di riabilitazione in quella struttura protetta finanziata dalla Regione Lazio, in cui – ci dice Gloria – mi avevano garantito che mia figlia avrebbe potuto far parte di progetti psicoterapeutici» che, dal teatro alla musicoterapia, avrebbero potuto assicurare a Miriam quella dimensione di reciprocità e di serenità d’approccio a se stesa e agli altri che avrebbe potuto ottemperare alla solitudine in cui le patologie che l’affliggevano l’avevano in qualche modo rinchiusa. Un percorso ideale, almeno sulla carta, per lei e per altri minori come lei in difficoltà analoghe, raggruppati nell’istituto. E invece: invece niente di tutto questo si è realizzato, e il sogno di un miglioramento è andato addirittura a scontrarsi contro l’incubo di una violenza costata nuovo dolore, altra paura, e un infinito e forse inguaribile dolore. Uno strazio riscontrabile sul corpo di Miriam che, a ridosso dell’abuso, presentava i segni della violenza fisica – sugli abiti della ragazzina sono state ritrovate, ci dice la mamma Gloria, tracce di liquido seminale di uno dei 2 stupratori, ora a processo presso il Tribunale dei minore – accanto alle tracce di un morso sul seno, di lividi sulle gambe, e segni sui polsi, che insieme a quel terrore stampato indelebile negli occhi di Miriam, rappresentavano le prove dello stupro. Prove che hanno portato all’individuazione di uno dei responsabili – un minore rinviato a giudizio a sua volta utente della struttura – ma che non sono bastate a inchiodare il secondo colpevole, tutt’oggi non indagato per mancanza di prove, e dunque fuori dall’indagine. Due presunti responsabili e Miriam, la vittima, in attesa di giustizia e verità. un marchio che ha scritto a caratteri di fuoco sul corpo e nella mente di Miriam i segni di un orrore vissuto e ancora senza un colpevole condannato. «Miriam – ci racconta la sua mamma decisa a combattere una difficile battaglia per la verità – è ancora vittima di blackout della sua mente quando quelli che noi crediamo essere dei flashback della memoria le riportano a galla quei momenti di orrore e di sofferenza che la fanno gridare per la disperazione e scappare da qualunque posto si trovi.
Il dolore di Miriam in attesa di verità e di risposte, senza un colpevole e senza un perché
Per questo ancora oggi la ragazza segue delle terapie in una clinica riabilitativa dove viene sottoposta a terapie di sedazione quando incappa di improvvisi ricordi che la rendono preda di forti attacchi di ira. La mamma sa questo e non sa come tutta questa vicenda potrà mai concludersi e come per Miriam. Non sa se, pur essendosi a più riprese rivolta al tribunale di Tivoli, il procedimento è incardinato e iscritto a ruolo. Sa però che la consigliera di Fratelli d’Italia alla Regione Lazio, Chiara Colosimo ha portato in regione il suo caso. Sa che Francesco Storace se ne è fatto carico, scrivendo, denunciando e affiancandola nel lungo percorso di esposti e ricorsi. Sa che la vicenda subita da sua figlia è stata oggetti di interventi e iniziative di Fratelli d’Italia. E sa per certo che dal fronte di Zingaretti, presidente della regione che finanzia la struttura protetta in cui è avvenuto lo scempio, tutto tace. Per questo, e per rompere una impenetrabile barriera di silenzio istituzionale, domani mamma Gloria ha intenzione di dare seguito fattivamente alle denunce e alle richieste affidate fin qui anche alla pagina Facebook da lei creata per Miriam e condivisa da tutte quella mamme di vittime di abusi e violenze compiute a danno delle loro figlie. Figlie che magari non possono a parlare perché non ci sono più; o figlie come Miriam che non possono verbalizzare l’orrore subito e il dolore che portano a fior di pelle ogni minuto delle loro giornate. «Ho scritto a Giorgia Meloni, alla consigliera Chiara Colosimo che ha portato alla Pisana il mio caso sottolineando il punto interrogativo sulla struttura finanziata da regione e privati che sfugge al processo. E allora, «c’è stata una denuncia di violenza sessuale, crimine ancora più grave e deprecabile perché compiuto ai danni di una ragazza con disturbi psichici, in un luogo che dovrebbe essere protetto. Come è possibile che nella stessa comunità siano accolti ragazzi in cura e ragazzi sottoposti a misure penali?», ha dichiarato denunciando il caso Chiara Colosimo, consigliere di Fratelli d’Italia alla Regione Lazio.
La denuncia portata alla Regione Lazio dalla consigliera Chiara Colosimo (FdI)
«Quanto accaduto alla giovanissima Miriam, ragazza minorenne ospite della comunità psicoeducativa Casetta Rossa – continua la nota – violentata da due giovani residenti nella struttura, uno dei quali vi si trovava su disposizione del Tribunale Minorile di Roma, non sembra meritare il contributo chiarificatore della Giunta Regionale che omette di rispondere sulle eventuali responsabilità di chi doveva vigilare, sulla organizzazione e sulle competenze della struttura, ampiamente finanziata con denaro pubblico, anche se non accreditata, operante in regime di protocollo inter-istituzionale vecchio del 2007 e mai aggiornato». E ancora, prosegue al Colosimo nella sua disamina sul caso, «nonostante la delicatezza del tema, il presidente Zingaretti e gli assessori competenti, hanno ritenuto sufficiente demandare all’assessore all’agricoltura Onorati, la lettura fredda e distaccata degli articoli di legge su autorizzazioni e convenzioni tra enti locali e associazioni assistenziali, snocciolati pedissequamente davanti alla platea attonita dei consiglieri. Una risibile risposta alla mia interrogazione – conclude l’esponente di FdI alla Pisana – con la quale chiedevo di riferire in aula gli atti e gli esiti di controllo degli organi competenti che consentono la convivenza all’interno della stessa struttura di ragazzi con malattie psichiatriche e ragazzi con procedimenti penali a carico. Evidentemente, una denuncia di violenza sessuale se non avviene l’omicidio della vittima, non suscita l’indignazione, la reazione e la presa di provvedimenti da parte di questo Consiglio Regionale; constatazione che genera in me un certo soprassalto di vergogna». Una vergogna a cui si aggiunge la beffa del silenzio: la giunta Zingaretti non ha preso posizione e non mi ha dato ancora una risposta. E lì dentro ci sono anche altri minori»… ci spiega e denuncia la stessa Gloria, che poi anticipa la sua iniziativa già annunciata sulla pagina Fb intestata a Miriam: «Domani mi accamperò con una tenda sotto Montecitorio perché voglio una risposta dal governo. Voglio la verità e la giustizia per mia figlia». E la vuole adesso Gloria, senza ulteriori rinvii, oltre quel muro di silenzio che da troppo ormai delimita e opprime la quotidianità di Miriam e il suo dolore.