2 agosto: Cavallini in aula non si nasconde dietro facili alibi, ma la stampa lo attacca con una fake-news

31 Gen 2019 11:21 - di Massimiliano Mazzanti

Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo:

Caro direttore,

Non ascoltati praticamente da nessuno, all’infuori della “cerchia del mille” – il confine ormai virtuale che a Bologna si cita per indicare lo stretto centro storico cittadino – gran parte dei giornalisti locali hanno “strillato” i titoli dell’ennesima fake-news sul processo per la Strage del 2 agosto: «Gilberto Cavallini denuncerà i parenti delle vittime». In realtà, nella dichiarazione spontanea con cui ha iniziato il suo esame dibattimentale nel “rito” che lo vede imputato – ascoltati i toni, verrebbe da scrivere: vittima sacrificale – Cavallini ha annunciato querela contro l’estensore della così detta “scheda Cavallini” che, compresa nelle memorie che l’Associazione familiari delle vittime del 2 agosto consegnarono ai magistrati e da cui origina l’attuale procedimento, lo descrive, tra le altre cose, ancora come autore di delitti per i quali è stato definitivamente assolto, come l’assassinio di Piersanti Mattarella, diffamandolo pacificamente. Quindi, non un attacco ai familiari delle vittime e nemmeno all’Associazione direttamente, ma, testualmente, ad alcuni consulenti di cui questa si avvale. Per altro, se ci fosse attenzione maggiore per i contenuti importanti delle udienze, la notizia più clamorosa, ieri, la si è ascoltata nel tardissimo pomeriggio, quando Cavallini era già sul treno alla volta di Terni.

Per opporsi alla richiesta di cercare e acquisire agli atti del procedimento alcuni documenti su cui fu posto in passato e forse grava ancora il segreto di Stato avanzata dalla difesa di Cavallini, le parti civili – che rappresentano anche proprio l’Associazione – si sono spinte a dichiarare come «sulla Strage di Bologna non ci sia alcun segreto di Stato». Posizione legittima, sia chiaro, ma alquanto curiosa, visto che Paolo Bolognesi insiste ancora, ogni 2 agosto, nel comizio che tiene davanti alla stazione, a reclamare sempre che cada ogni segreto sulla strage e che si sia anche di recente lamentato dell’atteggiamento che le istituzioni hanno avuto su questo tema, quando, sbarcato a Roma per essere ricevuto da esponenti del governo 5Stelle, i vertici attuali dei servizi segreti disertarono la riunione senza nemmeno giustificarsi. Vertici che sono ancora incarnati da uomini nominati quando Matteo Renzi e Paolo Gentiloni s’alternavano a Palazzo Chigi.

Tornando all’udienza, contrariamente a quanto qualcuno paventava, Cavallini non si è sottratto alle domande dei pm né a quelle delle parti civili, come avrebbe potuto fare, data la sua condizione d’imputato, rispondendo a tutte le interrogazioni con precisione e voce ferma. Una calma olimpica anche quando le questioni – come ha dovuto rilevare in diverse occasioni il presidente della Corte, Michele Leoni – erano palesemente irrilevanti. Anzi, sul punto più spinoso che lo riguardava (quello dell’incontro che lui avrebbe dovuto avere la mattina del 2 agosto 1980, quando prima raggiunse Padova dove lasciò gli allora ex-sodali nei Nar, Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini) Cavallini ha risposto in modo, oltre che chiaro, processualmente coraggioso: non era e non doveva incontrare Carlo Digilio, come Digilio stesso disse e com’è convinzione di altri magistrati che hanno elevato lo stesso Digilio a pentito credibile. Cavallini ha detto che aveva appuntamento con un non meglio identificato amico che chiamava “Sub” e di cui non rivela l’identità, pur sapendo che così questi non potrà certo confermargli l’alibi e, sopra a ogni cosa, rinunciando a nascondersi sotto la protezione di una versione, appunto quella che lo vorrebbe con Digilio, per di più a Venezia, che nessuno avrebbe potuto smentire. Non solo perché Digilio è morto, ma perché, se si mettessero in discussione le dichiarazioni che fece quando era ancora in vita (e che sono comunque agli atti anche qui a Bologna), significherebbe minarne la credibilità su cui sono state costruite le sentenze per Milano, Brescia e altri episodi. Dispiace, quindi, registrare commenti politici, come quello di tale Giulia Sarti, pentastellata presidente della Commissione Giustizia della Camera, secondo la quale: «Cavallini nell’aula del Tribunale dove è imputato, invece di pensare a difendersi, ha minacciato querele contro le attività indomite dei famigliari delle vittime dell’attentato alla stazione di Bologna ai quali l’Italia democratica è invece grata per la costante attività di ricostruzione della memoria storica e delle responsabilità per le stragi». Dispiace in quanto chi si occupa di Giustizia dovrebbe sapere che anche ai familiari delle vittime del terrorismo (e per altro non è questo il caso – non sarebbe permesso ricorrere alla diffamazione contro nessuno, anche contro il peggior criminale, pur nel rispetto massimo per il dolore patito. Cavallini, per di più, ha dimostrato d’essere interessato a qualcosa di maggiormente alto, rispetto alla sua mera difesa processuale cercando di dare, pur dal suo punto di vista, un contributo alla ricostruzione della verità delle cose che lo riguardarono. Poi, è chiaro, a polemizzare col “mostro”, ad attaccare lancia in resta chi parte da terra, è un esercizio tutto sommato facile e poco pericoloso, specialmente per gli ultimi arrivati della politica.

Prima di chiudere, un altro passaggio sulle richieste della difesa di acquisizione di atti dei servizi segreti che potrebbero interessare il dibattimento in corso. La Procura della Repubblica, che pure era sembrata d’accordo nell’udienza scorsa, in quest’ultima si è opposta, sostenendo che i legali di Cavallini, non avendo indicato con precisione, esattamente, di quali documenti si parlerebbe, indicando solo l’area tematica degli stessi, non possono appellarsi a quei caratteri di pertinenzae rilevanza previsti dal Codice di procedura penale; il che è sicuramente vero in buona parte, se non fosse illogico nella sostanza: come si potrebbero indicare con esattezza uno o più documenti, se questi sono stati fino a oggi coperti dal segreto di Stato? La Corte comunque si è riservata di decidere e Cavallini continuerà l’esame mercoledì prossimo.

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