L’Ucraina alza la tensione e si appella a mamma Ue: “Putin vuole invaderci”

4 Dic 2018 17:45 - di Annamaria Matticari

La quantità di sistemi d’arma portati dalla Russia al confine con l’Ucraina è aumentata in modo drastico di recente: in particolare, Mosca ha spostato 300 carri armati T-62 dalle regioni orientali a una base vicina al confine con l’Ucraina. Il nuovo dislocamento è avvenuto mentre erano in corso le manovre Vostok 2018 (lo scorso settembre, ndr), denuncia il capo di stato maggiore ucraino, Viktor Muzhenko, in un intervento su una rete televisiva locale. “La natura di tali spostamenti dimostra che potrebbero essere creati a breve raggruppamenti offensivi significativi, con obiettivo l’Ucraina. Quindi non consideriamo solo una direzione, dalla regioni di Luhansk e Donetsk, ma anche dai confini dell’Ucraina di nord est, centro, e sud”, ha precisato Muzhenko. Muzhenko ha anche reso nota, sempre basandosi su informazioni di intelligence, la creazione di una divisione russa, con due reggimenti di carri armati e due di fucilieri motorizzati, la “Proryv” (il nome in russo significa breccia, ndr) basata a Novocherkask (nella regione di Rostov, ndr), “chiaramente pensata per attaccare, non per difendere”. Mosca “ha anche quasi raddoppiato” il numero delle sue unità navali nel Mare d’Azov. “La Russia dimostra prontezza a potenziare questi gruppi il prima possibile. Riguarda lo spostamento di navi nel Mare di Azov e quindi nel Mar Nero. E’ una situazione grave che richiede da parte nostra una reazione”, ha aggiunto il generale. Ieri il presidente ucraino Petro Poroshenko era a Chernihiv, uno dei tre punti oltre il cui confine Mosca sta potenziando le sue forze. Poroshenko ieri ha annunciato il richiamo di riservisti per addestramento nel quadro della legge marziale entrata in vigore la scorsa settimana in dieci regioni del Paese e il nuovo dispiegamento di alcune unità militari per rafforzare le difese. Un altro segnale del potenziamento delle forze ai confini con l’Ucraina da parte della Russia è il richiamo dalla Siria, di un battaglione della polizia militare – gli uomini del presidente ceceno Ramzan Kadyrov inquadrati nel distretto militare meridionale russo (che copre il Caucaso e di cui fa parte la Crimea, ndr). Il portavoce del distretto militare meridionale Vadim Astafyev ha precisato che i 400 militari che dallo scorso agosto in Siria hanno presidiato siti militari russi, assicurato l’ordine pubblico e la sicurezza dei civili nei centri abitati liberati, e scortato i convogli umanitari, sono arrivati in aereo alla base di Mozdok in Ossezia del Nord per tornare alla loro base in Cecenia.

Intanto Kiev prosegue la persecuzione anti-russa: la polizia ucraina ha perquisito chiese e abitazioni di preti che fanno capo alla Chiesa ortodossa di Mosca in diverse città del Paese, ha reso noto l’Sbu in un comunicato. Le perquisizioni sono avvenute ieri a Kiev e nella vicina regione di Zhytomyr e rientrano in una inchiesta penale per incitamento all’odio e alla violenza, ha precisato l’agenzia di sicurezza. La Chiesa ortodossa di Mosca aveva denunciato il giorno prima che più di venti preti erano stati convocati per essere interrogati dall’Sbu. Causa delle nuove tensioni fra Mosca e Kiev sembra proprio essere l’autorizzazione dello scorso ottobre del Patriarca ecumenico Bartolomeo I all’avvio del processo di autocefalia di una Chiesa ortodossa ucraina. La Chiesa Ortodossa russa ha annunciato la rottura con il Patriarcato ecumenico e Vladimir Putin aveva anticipato “gravi conseguenze”. Sono oltre 12mila le chiese ortodosse in Ucraina che rischiano di diventare terreno di scontro fra le due Chiese, quindi fra i due paesi.

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