Infermiere 60enne abusa di una 19enne disabile: tradito dalle foto hard
Lui è un infermiere, ha 60 anni, opera nella comunità terapeutica riabilitativa «Il Ponte e l’Albero» situata al Laurentino, una zona molto difficile della periferia sud di Roma. Gli ospiti della struttura sono giovani con disagio mentale. E proprio tra questi giovani l’uomo avrebbe individuato la sua vittima. Una 19enne romana ricoverata nella struttura accreditata col locale Dipartimento di Salute Mentale – risultata estranea alla vicenda – nel 2014, con la diagnosi di «psicosi delirante» e un quadro clinico «caratterizzato da pensieri di tipo paranoico».
La violenza in una comunità terapeutica romana
A denunciare il fatto Il Messaggero, che ricostruisce i fatti partendo dall’agghiacciante scoperta. Quando il papà della giovane ha preso il cellulare della ragazza, ha trovato messaggi e foto hard che documentava la relazione tra l’operatore sanitario e la paziente disabile. L’uomo, che è stato denunciato, dovrà ora chiarire davanti ai giudici le intimità con la ragazza, molto fragile a livello psicologico, e le foto hard inviatele assieme a sms ammaliatori. Nella richiesta di rinvio a giudizio, il procuratore aggiunto Maria Monteleone, il magistrato a capo del pool antiviolenza della Procura, ha contestato al sessantenne «la violenza sessuale aggravata, esercitata da un incaricato di pubblico servizio all’interno di una comunità e ai danni di una ragazza affetta da disturbi psichiatrici fin da bambina».
Infermiere a processo per violenza sessuale aggravata
I fatti risalgono alla fine del 2015, quando il padre della diciannovenne ha scoperto il segreto, facendosi rivelare dalla giovane che le attenzioni dell’infermiere esulavano dalla cura sanitaria. Per l’accusa, l’uomo avrebbe destinato agli abusi ogni momento programmato dalla struttura per il reintegro della paziente. A sua difesa, l’infermiere imputato, ha ammesso i rapporti sessuali, ma si è giustificato che i rapporti con la giovane disabile non erano abusi, ma il frutto di una relazione segreta. «Lei mi voleva bene – si è giustificato con gli inquirenti – Aveva bisogno di affetto». L’infermiere approfittava della giovane in macchina, o in occasione di uscite per attività da svolgere all’esterno ma anche nelle sale mediche del centro.