Denunciò il “Bunga bunga”, oggi riabilita Berlusconi: «Non ce l’avevo con lui…»

6 Dic 2018 15:43 - di Monica Pucci

«Dopo Arcore, sono stata vittima di cyberbullismo: ho sofferto di solitudine, mi sono sentita abbandonata. Voglio far capire che certi attacchi, certe parole, possono anche uccidere, far pensare al suicidio. Io ci ho pensato. Non vedi più il futuro, hai paura degli altri, che ti giudichino, ti deridano. Ancora adesso ne ho, perché le ferite rimangono. Allora avevo 18 anni, ora sono più forte… Ne sono uscita convincendomi che quell’incubo dovesse avere un senso. E questo libro e il mio impegno per me sono una conferma, così come l’aiuto che cerco di dare a chi mi scrive perché sta vivendo le stesse cose». Dal “bunga bunga” alla carta stampata, libri, in particolare, il suo, quello in cui Chiara Danese, in un’intervista al settimanale “Oggi“, da domani in edicola, racconta la sua esperienza da diciottenne nelle serate “eleganti” di Arcore con Silvio Berlusconi e il massacro subìto sul web dopo le sue rivelazioni.

La Danese si recò dai magistrati a raccontare ai magistrati che era stata trascinata, con l’inganno, a alle cene di Arcore, ma oggi spiega che la sua rabbia non era contro Berlusconi. A distanza di quasi nove anni, nel libro, “La violenza nella rete” (GoalBook), confida le difficoltà del dopo-Arcore: «Ho provato a cercare un lavoro ma appena capivano chi fossi, le offerte sparivano. Nel mio paesino mi sono rimboccata le maniche, ho iniziato a servire in un bar, la gente mi insultava e mi dava della escort. Dopo quella vicenda, per gli uomini ero “quella di Arcore” e pensavano fossi una facile o che potessi fargli conoscere Berlusconi…». Ma del Cavaliere, oggi, la ragazza non parla male, anzi, sembra quasi riabilitarla: «Non ce l’ho mai avuta con Berlusconi, neanche allora: lui fa caciara ma è un uomo solo, fa tenerezza. Ce l’ho con quelli che aveva intorno, che hanno giocato con le mie fragilità. Ce l’ho con Daniele Salemi, che per conto di Mora mi portò lì… E nonostante fossi una ragazzina di 18 anni ho detto di no». Anche il processo sembra non interessarla più. «Voglio ritirare la costituzione di parte civile, lasciarmi alle spalle quella storia in cui ho solo perso. In aula ogni volta torno con la mente lì, la ferita si riapre e sto male. Pensavo che fare la cosa giusta mi avrebbe tutelata. Invece non è stato così».

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