Dal libro di Chiara Giannini quell’omaggio ai nostri Caduti che lo Stato non seppe dare

16 Dic 2018 12:49 - di Antonio Pannullo

“C’è sempre un vento che mi porta via…” è una frase ricorrente nei libri di Piero Scanziani, uno dei più grandi scrittori di lingua italiana del Novecento (secondo me, il più grande). Non sappiamo se Chiara Giannini, corrispondente di guerra e ora scrittrice, conosca le opere di Piero Scanziani, forse è troppo giovane per averlo conosciuto. Scanziani, giornalista giramondo, inviato di guerra e di pace, ha scritto una ventina di libri, che non hanno avuto nessuna notorietà in Italia. Perché lo citiamo in una recensione di un altro libro? Perché Chiara Giannini, che ha appena pubblicato la sua prima opera Come la sabbia di Herat, ce lo ricorda molto: anche Scanziani ha girato il mondo tutta la vita in cerca di qualcosa, anche lui nei suoi libri metteva tutto se stesso, anche lui per tutta la sua esistenza ha combattuto con gravi malattie, anche lui amava i cani, tanto da aver scritto una bella enciclopedia del cane per la De Agostini: è morto a 95 anni, quasi sconosciuto, in ristrettezze economiche, col destino dei grandi, quello di essere trascurato e negletto soprattutto in patria. Ma ci ha dato tanto: i suoi libri bastano per cambiare una vita.

Leggendo Come la sabbia di Herat, edizioni Altaforte di Roma, 2018, 176 pagine, con la prefazione di Alessandro Sallusti, pensavamo di trovarci di fronte a un libro di memorie di teatri di guerra, ma andando avanti nella lettura ci siamo resi conto che era molto di più: è un libro in cui l’autrice, la livornese Chiara Giannini del Giornale, mette tutta se stessa, dalle sue esperienze come corrispondente di guerra, prima freelance poi per vari quotidiani, alle sue esperienze di vita, le sue traversìe, le sue malattie, i suoi amori, e infine la sua concezione della professione e della vita. Un libro coraggioso, completo, in cui le sabbie dell’Afghanistan fanno da tragica cornice a quello che Chiara Giannini vuole veramente dire, e cioè ricordare il sacrificio, eroico, dei nostri 54 caduti in Afghanistan, dei quali l’autrice ha voluto conoscere le famiglie, e dei quali ha raccolto le testimonianze di commilitoni, parenti, conoscenti. Qui davvero si va oltre la notizia, si va oltre il freddo resoconto dei fatti, ossia la morte e le circostanze della morte di questi ragazzi: nel libro si imparano a conoscere questi fedeli servitori della nostra patria, i loro sogni, le loro speranze, andati a fare il soldato in realtà per inseguire un sogno e che in quella terra lontana e inospitale, spesso ostile, hanno trovato la morte per mano di terroristi ciechi e crudeli. E Chiara Giannini li ricorda tutti, e scorrendo quella drammatica lista ci rendiamo conto di non conoscerli, di non ricordarli, di non ravvisare i loro nomi; eppure loro ci hanno dato tutto, per consentirci di vivere al sicuro nelle nostre case. E noi neanche li ricordiamo come meritano. Non noi, e neanche le istituzioni, che non sempre hanno riconosciuto adeguatamente il loro sacrificio. Come osserva la scrittrice, e non possiamo che condividere, loro andarono a fare la guerra volontariamente: cosa importa se sono morti combattendo, o in agguato vile, o per infarto o per incidente stradale? Erano lì e sono morti per noi. Questo libro rende parzialmente giustizia a questi nostri figli, che in tempo di pace sono morti in guerra. Ma in una guerra sleale, fatta di attentati, di cecchini nascosti, di ordigni espolsivi vigliacchi, a simboleggiare l’odio e anche il disprezzo che i terroristi islamici hanno per tutti gli occidentali, anzi, gli infedeli. Non dobbiamo farci illusioni: gli estremisti islamici ci odiano di un odio inestinguibile, se potessero ci ucciderebbero tutti. Se non lo fanno è solo perché possiamo ancora difenderci, e sono quei ragazzi che lo fanno. Onore a Chiara Giannini che li ha ricordati: è solo grazie a lei se oggi quei soldati sono un po’ più presenti nella nostra memoria.

Commenti

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  • Sandy Caine 17 Dicembre 2018

    Sicuramente non avevo bisogno di questo libro per ricordarmi dei nostri figli della Patria caduti in guerra e ignorati da uno stato di papponi e parassiti. Ma lo comprerò perchè ho letto questo articolo è mi sembra un valido resoconto umano.