Brexit: Theresa May è senza numeri, voto rinviato per trattare con la Ue
Theresa May getta la spugna. Il voto della Camera dei Comuni sull’accordo per la Brexit, previsto domani, verrà rinviato. Lo ha annunciato la premier britannica all’aula dei Comuni, spiegando che «se procedessimo e votassimo domani, l’accordo verrebbe respinto con un margine significativo». Una conferma del fatto che la premier, al momento, non dispone dei voti necessari per fare approvare l’accordo. Già stamattina, nel corso di una conference call con i membri del governo, la May aveva riconosciuto di non essere in grado di far cambiare idea a una fetta consistente dei circa cento parlamentari Tories che hanno annunciato il loro voto contrario all’accordo.
Brexit: se ne riparla nel 2019
Quanto a una nuova data per il voto, May non ha voluto dare indicazioni. Il voto sull’accordo potrebbe quindi essere rinviato alla prossima settimana o anche all’inizio di gennaio, come ha lasciato intendere la stessa May, nella speranza che una riapertura del negoziato con Bruxelles apporti all’accordo le modifiche necessarie a ottenere il sostegno dell’ala euroscettica dei Conservatori e dei nordirlandesi del Democratic Unionist Party. May ha poi ricordato che se non ci sarà un accordo con l’Ue entro il 21 gennaio, sarà costretta a fare un intervento in Parlamento. Un rinvio a gennaio ridurrebbe però i tempi parlamentari per l’approvazione della legislazione necessaria per l’uscita dalla Ue, la cui data è fissata il 29 marzo del 2019. In precedenza il governo era stato censurato dallo speaker dei Comuni, John Bearcow, che ha parlato di “scortesia” istituzionale dell’esecutivo per la decisione di rinviare a data da destinarsi il voto finale sull’accordo, previsto inizialmente per domani sera.
Le “rassicurazioni” della Ue non rassicurano la May
Durante il suo intervento, May ha fatto sapere inoltre che avrà una serie di colloqui urgenti con i leader Ue per discutere le possibili modifiche al “backstop2, la clausola di salvaguardia sul confine irlandese contenuta nell’accordo sulla Brexit. Le “rassicurazioni” sulla clausola di ‘backstop’, infatti, “non sono sufficienti” e non sono state accettate dalla maggioranza della Camera dei Comuni. Su queste basi, ha spiegato May, verrà riaperta con la Ue la discussione sull’accordo per la Brexit, con particolare riferimento al meccanismo da individuare per mantenere aperto il confine irlandese, dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Se poi il Parlamento respingerà l’accordo negoziato con Bruxelles, ha aggiunto May, il governo attuerà i necessari piani di emergenza per una ‘no deal Brexit’, una Brexit senza accordo tra Londra e Bruxelles.
Sterlina in caduta libera
E mentre alla Camera dei Comuni May iniziava il suo intervento, la sterlina ha toccato un nuovo minimo nei confronti del dollaro. Il valore più basso, sottolinea la stampa britannica, degli ultimi 20 mesi, perdendo due centesimi e fermandosi a 1,2524 sulla valuta statunitense. Scivolone anche rispetto all’euro con il pound che ha perso l’1,4% sulla moneta unica rispetto a venerdì scorso attestandosi a quota 1,1018.
Brexit, la Corte Ue apre nuovi scenari
Poco prima dell’intervento della premier britannica, la Corte europea di giustizia aveva stabilito che il Regno Unito potrebbe unilateralmente decidere di non lasciare l’Unione europea. Secondo i giudici, “quando un Paese membro ha notificato al Consiglio europeo la sua intenzione di ritirarsi dall’Unione europea, come ha fatto il Regno Unito, quel Paese membro è libero di revocare un modo unilaterale quella notifica”. E quella possibilità, sottolineano, “esiste fintanto che l’accordo di ritiro concluso tra l’Ue ed i Paesi membri non è entrato in vigore o, nel caso in cui tale accordo non sia stato concluso, finché non sia scaduto il periodo dei due anni dalla data di notifica dell’intenzione di lasciare l’Ue o ogni sua estensione”. La decisione della Corte del Lussemburgo sulla “revoca unilaterale” dell’Articolo 50 rafforza il fronte anti Brexit, anche alla luce degli scenari inediti che potrebbero aprirsi con la bocciatura dell’accordo a Westminster.