Brasile, si insedia il populista Jair Bolsonaro. Sinistra in piena crisi di nervi…
Inizia ufficialmente l’èra di Jair Bolsonaro. Il presidente del Brasile si insedia formalmente il primo gennaio, raccogliendo il testimone di Michel Temer, in una cerimonia alla quale parteciperanno una decina di capi di Stato e di governo, tra cui il premier israeliano Benyamin Netanyahu, e il segretario di Stato americano Mike Pompeo. Per l’Italia – a cui ha promesso l’estradizione del terrorista Cesare Battisti, ufficialmente latitante da metà dicembre – ci sarà il ministro dell’Agricoltura Gianmarco Centinaio. Il leghista sarà a Brasilia in rappresentanza del governo, dopo che nelle settimane scorse si era parlato di una possibile presenza del vice premier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, a cui Bolsonaro piace molto, come dimostrano gli scambi di tweet tra i due. Esponente dell’estrema destra populista, Bolsonaro è stato eletto il 28 ottobre, vincendo con il 55% il ballottaggio contro l’avversario di sinistra Fernando Haddad. La sua campagna è stata all’insegna di argomentazioni nazionaliste, provocatorie e incendiarie con cui ha promesso di fare piazza pulita di delinquenti e corrotti, che si ispira al presidente americano Donald Trump ma anche a quello filippino Rodrigo Duterte. Ora guiderà un governo dove siedono numerosi ex militari e tecnocrati neoliberisti. Candidato del piccolo partito social-liberale, Bolsonaro fa di secondo nome “Messias” e una importante fetta dell’elettorato lo considera un salvatore della patria, mentre l’altra parte del Paese, quella a cui piaceva il corrotto sindacalista comunista Lula, lo detesta. L’attentato subìto il 6 settembre, quando è stato accoltellato da un attivista della sinistra, non ha fatto che rafforzare la sua popolarità.
Il presidente Jair Bolsonaro è di origine italiana
Nato 63 anni fa a Glicerio, nello stato brasiliano di San Paolo, Bolsonaro è figlio di genitori di origine italiana. Giunto al terzo matrimonio, è padre di cinque figli. Ex capitano dell’esercito, sin dal 1991 è stato deputato al parlamento brasiliano, dove ha cambiato nove partiti, tutte piccole formazioni fuori dalle grandi alleanze di potere che hanno governato il Paese. Su questa base si è costruito un personaggio di politico pulito lontano dalle élite corrotte. Ma la sua fama è legata soprattutto alla retorica aggressiva di estrema destra, con dichiarazioni choc di stampo omofobo, razzista e misogino. Nel 2008 non ha esitato a dire che “l’errore della dittatura militare è stato quello di torturare e non uccidere” gli oppositori, mentre un’altra volta ha liquidato una deputata di sinistra dicendo che era così “brutta” da “non meritare di essere violentata”. Quando ha approvato la destituzione della presidente Dilma Rousseff , ha dichiarato in aula di dedicare il suo voto al soldato che la torturò quando era una giovane guerrigliera. Nell’aprile 2017 ha detto che gli afro-brasiliani “non servono neanche a procreare”. Attivissimo sui social, Bolsonaro più che difendere un programma politico ha costruito un personaggio che ha suscitato reazioni viscerali fra gli elettori e diviso il Paese, durante una competizione elettorale dove non sono mancate dicerie e fake news, diffuse su WhtatsApp. Sostenitore del libero mercato, ha presentato come sua principale proposta la liberalizzazione del possesso di armi per permettere ai cittadini di difendersi dalla criminalità. Gravemente ferito durante l’aggressione del 6 settembre, ha trasformato la sua convalescenza in un teatro mediatico a colpi di tweet, immagini della sua degenza sui social, dirette su Facebook e Youtube. Bolsonaro ha il sostegno degli imprenditori, che apprezzano il suo orientamento liberista e la promessa di uscire dagli accordi sul clima di Parigi. Ma il presidente populista piace anche al ceto medio-basso impoverito dalla crisi economica e preoccupato dagli alti tassi di criminalità, in un elettorato religioso e conservatore che rifiuta il matrimonio omosessuale e l’aborto, anche sull’onda della crescente influenza delle chiese evangeliche. Giocano a suo favore anche le paure del comunismo di fronte al disastro della crisi venezuelana, governata dal dittatore comunista Maduro e prima di lui dal castrista Chavez, che ha consegnato il Paese a Cuba. La vittoria di Bolsonaro è dovuta anche al discredito in cui è caduta la classe politica tradizionale, a causa di una serie di scandali di corruzione che hanno travolto i principali partiti.
Come sempre quando si parla di altri Paesi le idee dei nostri giornalisti sono il repeteco di fake news del Ny times o Cnn e cosi’ via.
LL