Strage di Bologna, i vertici dei Servizi disertano l’incontro con i familiari
Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo
Caro direttore,
cosa si aspettassero di scoprire, i familiari dell’Associazione vittime del 2 agosto, dall’incontro disertato dai vertici del Dipartimento informazioni per la sicurezza, è un mistero, appunto, per appassionati di 007. E lo scorno di Paolo Bolognesi -e del pentastellato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, il petroniano Vito Crimi – francamente fa sorridere. Bolognesi, infatti, non è solo il presidente dell’Associazione, ma anche il fazioso ex-parlamentare del Pd che ben dovrebbe sapere come, negli ultimi sette anni – in realtà, molti di più nell’arco degli ultimi 30 – il suo partito abbia saldamente tenuto in mano i vertici dei servizi segreti o, in altri momenti, almeno del Comitato di controllo parlamentare sugli stessi. Se ci fossero state realmente “carte scottanti”, negli archivi delle nostre agenzie militari e civili, lo si sarebbe già saputo da tempo, oppure Bolognesi dovrebbe spiegare – tanto da esponente del Pd quanto da presidente dell’Associazione – per quali ragioni il suo partito avrebbe avuto e avrebbe ancora interesse a proteggere i traffici di Licio Gelli, data l’ipotesi che sarebbe stato proprio il defunto “venerabile” lo stratega dello stragismo degli anni ’70. Lo si è detto e scritto – ormai allo sfinire – che di “carte” interessanti – qualora ce ne siano realmente -, secondo un altro esponente del Pd, Gero Grassi, negli archivi dei servizi se ne potrebbero trovare giusto sul “Lodo Moro”, quel pactum sceleris che, semmai, riaprirebbe potentemente l’esigenza di esplorare la “pista palestinese”. Dunque, al di là della scortesia formale di non presentarsi alla riunione indetta dal governo lo scorso 15 novembre, per altro, senza nemmeno motivare l’assenza, a quanto pare, è chiaro come i vertici del Dipartimento informazione per la sicurezza, con la loro assenza, abbiano semplicemente voluto significare l’inutilità dell’incontro. Lo stile dei capi dei servizi è stato quello che è stato – ma ora questa è materia del governo e di chi dovrà pensare al rinnovo delle cariche -, ma si può ben capire come, di fronte alle ricostruzioni fantasiose e fantastiche dell’ex-pubblico ministero Claudio Nunziata (autore principali degli esposti che hanno portato alla riapertura di ben tre inchieste sulla strage di Bologna, compresa quella che ha dato origine all’assurdo processo a carico di Gilberto Cavallini), i nostri servizi di sicurezza abbiano pensato di aver ben altro a cui attendere. Ed è difficile, da questo punto di vista, dar loro torto, poiché la verità sulla strage di Bologna – almeno dal punto di vista giudiziario – non la si troverà mai in ciò che ai magistrati fu nascosto; bensì nell’analisi attenta di come i giudici – nei trentotto anni precedenti – hanno “lavorato” il materiale che fu messo a loro disposizione.