«Inceneritori? Così San Francisco sta superando il problema dei rifiuti»
«Gli inceneritori? Ma non scherziamo! Stiamo parlando di sistemi realizzati decenni fa. Non solo. Sono sistemi oramai obsoleti, una tecnologia più che superata. È vero che ci sono in diverse città italiane ed europee ma il loro scopo è quello di chiudere il ciclo dei rifiuti non di sostituirlo. E, comunque, la strada per gestire l’emergenza rifiuti non è questa. Il mondo occidentale si sta orientando verso il modello “rifiuti zero”, con politiche spinte di riduzione, recupero e riuso degli scarti. E di messa al bando delle materie non compatibili con queste prospettive. E’ il cosiddetto modello San Francisco».
Il deputato di Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, entra a gamba tesa nella polemica fra grillini e leghisti sulla questione degli inceneritori e della gestione dei rifiuti. Un tema che, in queste ore, sta infiammando il clima all’interno del governo, diviso com’è, fra chi, come Salvini, vorrebbe un inceneritore in ogni provincia per gestire l’emergenza rifiuti e chi, come i grillini, non vuol proprio sentir parlare di inceneritori. Il braccio di ferro, a fatica mediato dal premier Conte, sta mettendo a dura prova in queste ore la tenuta del governo e i rapporti personali fra Di Maio e Salvini.
«Non è accettabile che il centrodestra italiano abbia sempre posizioni di retroguardia in materia ambientale – fatica a capacitarsi Rampelli – mentre i conservatori in tutto il mondo sono da sempre avanguardia sulla tutela della salute e dell’ecosistema. Vuoi vedere che tra breve – ironizza il vicepresidente della Camera – qualcuno riproporrà la realizzazione di centrali nucleari, mentre i Paesi che le hanno non sanno come smaltirle e investono sulla fusione e sul nucleare pulito per eliminare a monte il dramma delle scorie radioattive?»
«A bruciare i rifiuti sono buoni tutti – s’infervora il deputato Fdi lanciando una provocazione – Possiamo stipendiare i rom, veri professionisti in materia, qualora fosse questa la “trovata”. Chi governa ha il dovere di studiare e applicare le migliori soluzioni per la settima nazione industrializzata del pianeta, non di proporre procedure vecchie di mezzo secolo. L’Italia deve essere avanguardia del nuovo e non retroguardia del vecchio. Basta cialtronate!».
Qual’è, dunque, questo “modello San Francisco” sui rifiuti che cita Rampelli? E cosa comporterebbe se venisse applicato in Italia?
Vediamolo, passo passo, per capire come la città sulla Baia ha affrontato il problema dei rifiuti coinvolgendo attivamente e in prima persona tutti i cittadini.
Il programma messo in piedi nell’oramai lontano 2002 dal San Francisco Environment, il Dipartimento della città e della Contea di San Francisco che si occupa di ambiente, si chiama “Zero Waste“, “Zero Rifiuti“, e si pone l’obiettivo, parecchio ambizioso ma percorribile, di eliminare totalmente, entro il 2020, i rifiuti che, altrimenti, finirebbero nella discarica di Vacaville, circa 60 miglia a nord est della città.
Tutto si basa su quattro pilastri: un sistema a tre secchioni comodo e facile da usare, incentivi economici per i residenti e le imprese che riciclano e compostano, politiche che promuovono obiettivi zero per i rifiuti e un’ampia diffusione e istruzione per i residenti e le imprese sul riciclaggio e il compostaggio.
L’idea di fondo che parte da lontano è che, tanto per iniziare, i prodotti devono essere progettati e utilizzati secondo la gerarchia di riduzione dei rifiuti – prevenire gli sprechi, ridurre e riutilizzare in anticipo, riciclare e compostare – e il principio di massimo e migliore utilizzo. In definitiva nessun materiale deve andare in discarica o essere incenerito.
Da questo punto di vista il primo passo è, stato proprio in direzione di una stretta collaborazione che il Dipartimento Ambiente della città e della Contea di San Francisco ha avviato con i produttori nella prospettiva di responsabilizzarli per progettare e produrre prodotti che rispecchino la filosofia di “Zero Waste” assumendosi, quindi, la responsabilità dell’intero ciclo di vita di un prodotto, incluso il ritiro e il riciclaggio.
In questa maniera ai cittadini della città e della Contea di San Francisco arrivano nelle mani prodotti che già sono totalmente pensati e progetti per non finire in discarica. E, comunque, i cittadini vengono responsabilizzati – e, c’è da dire che, in questo, gli americani sono imbattili – ad acquistare prodotti fatti con materiali riciclati o che possono essere riciclati o compostati.
Ma, ovviamente, la faccenda non finisce qui.
Più della metà dei cittadini di San Francisco vive in abitazioni che hanno i cosiddetti “trash chutes“, gli scivoli che portano la mondezza dai piani superiori al piano sotterraneo, tubi a sezione quadrata o tonda con uno sportello, generalmente posizionato in cucina dove si infila il sacco della spazzatura.
Le nuove costruzioni devono avere ora tre scivoli separati per il riciclo, il compostaggio e il materiale che finisce in discarica.
Il Dipartimento Ambiente della città e della Contea di San Francisco punta moltissimo sul compost prodotto con i rifiuti organici, compost che viene, poi, utilizzato dalle fattorie locali come quelle che si trovano a nord di San Francisco, a Napa Valley, celebre per i suoi vini. Da un lato il compost, un fertilizzante naturale ricco di sostanze nutritive aiuta i produttori locali che coltivano frutta e verdura, trattiene l’acqua, bene prezioso, nei terreni della zona e fa risparmiare denaro ai residenti creando posti di lavoro “verdi”, dall’altro evita che gli avanzi di cibo e ile potature dei giardini vengano inviate in discarica dove produrrebbero metano, un dei cosiddetti “gas serra” più potenti, 72 volte più potente del biossido di carbonio.
Residenti, aziende, scuole e condomini partecipano attivamente ai programmi ambientali della città attraverso gli strumenti, anche online, che fornisce il Dipartimento Ambiente della città e della Contea di San Francisco.
Tutto questo viene accompagnato da politiche di tassazione dei rifiuti che scoraggiano fortemente chi non vuole adeguarsi.
Il Dipartimento dell’Ambiente, tuttavia, dà priorità all’educazione, alla sensibilizzazione e all’informazione, per incoraggiare i cittadini, piuttosto che imporre multe.
I residenti di San Francisco sono molto orgogliosi della propria città e se ne prendono cura con grande passione e determinazione. Questo atteggiamento ha contribuito a consolidare la sostenibilità ambientale nella cultura di San Francisco.
Tutto questo, da solo, ovviamente non può bastare.
E, allora, ecco gli atti concreti. Come l’ordinanza sul riciclaggio obbligatorio e sul compostaggio entrata in vigore il 21 ottobre 2009.
Il Dipartimento dell’Ambiente conduce un intensivo porta a porta multilingue per i residenti e le imprese, risponde a domande sul riciclaggio e sul compostaggio e controlla quotidianamente anche i cassonetti residenziali di tutto il quartiere.
Se la spazzatura si trova nel contenitore sbagliato viene inserito un tag sul contenitore del residente che indica il contenitore corretto. Il team ritorna la settimana successiva per assicurarsi che l’errore sia stato corretto.
Insomma si cerca e si stimola la collaborazione dei residenti piuttosto che porsi nella posizione del nemico che punisce se un cittadino ha sbagliato a gestire i propri rifiuti.
Il Dipartimento dell’Ambiente ha lanciato una serie di software online, database e strumenti per aiutare i cittadini: RecycleWhere è un database per trovare informazioni su come riciclare quasi tutto a San Francisco. E’ sufficiente inserire il prodotto che si vuole riciclare e l’indirizzo di dove ci si trova in quel momento e il portale estrae tutta una serie di indirizzi dove portare il rifiuto, sia esso una pila esausta come un divano o un televisore da gettare.
Lo strumento Signmaker è un’altra risorsa per i residenti e le imprese per creare da soli i propri cartelli di riciclaggio, compost e discarica a secondo del tipo di packaging che si utilizza in quel un determinato ambiente: un barattolo dello yogurt, una bottiglia d’acqua, una lattina metallica o una confezione di tetrapak o qualsiasi altra cosa.
SFRecycles è stato creato per aiutare i residenti a scegliere fra i tre tradizionali secchioni che popolano le strade di San Francisco: quello blu per riciclare carta, catone, vetro, vestiti, plastica, e metallo, quello verde del compost, dove finisce il cibo, la carta sporca, il legno, gli sfalci d’erba e i rami dei giardini, cioè materiale organico, e quello marrone dove gettare il materiale che va in discarica: lampadine rotte, escrementi degli animali, tubetti del dentifricio, imballaggi in polistirene, assorbenti, materiali misti come le capsule del caffè o le buste in carta e plastica accoppiate, i rasoi e gli impacchi di ghiaccio usa e getta, guanti in lattice o confezioni di patatine.
Tutto il resto, pile e batterie usate, rifiuti elettronici, medicine, siringhe o termometri, o, comunque, rifiuti pericolosi come olii, prodotti chimici, vernici, e altro ancora va conferito nei punti disposti da Recology, l’azienda che si occupa dei rifiuti di San Francisco. E che con l’Ama non ha nulla a che vedere.
«Il programma zero rifiuti di San Francisco – fanno sapere dal Dipartimento Ambiente – è finanziato esclusivamente dai ricavi generati dalle tariffe dei rifiuti addebitate ai clienti. Queste entrate sostengono la raccolta, la lavorazione, lo smaltimento, le collezioni di rifiuti pericolosi, tutti i materiali di divulgazione e marketing, nonché alcuni programmi all’interno del Dipartimento dell’Ambiente e del Dipartimento dei Lavori Pubblici».
I materiali riciclabili vengono imballati e venduti ai rispettivi mercati e i compostabili vengono trasformati in compost, ricco di sostanze nutritive, che viene venduto alle aziende agricole locali. In discarica ci finisce pochissima roba.
San Francisco ha, ad oggi, il più alto tasso di recupero di qualsiasi grande città del Nord America.
Rampelli sono incostituzionali le prestazioni personali! le uniche , servixio militare e giudice popolare hanno un termine temporale e vengono pagate. Qui nessuno rimborsa i cittadini delle angherie subite, sono previsti sconti ma non li vediamo eppoi non si può pretendere la differenziata da anziani ottantenni, smemorati o invalidi!
Fra 1-3 secoli saremo a quel livello-
Abito in un comune del Trevigiano e questa divisione già la facciamo da più di vent’anni cambiando modalità di separazione ma viene comunque naturale.L’importante è cominciare e poi si spera che una volta raccolti separati non vengano rimessi tutti insieme (come si è visto tante volte in tv)
Bisogna seguire chi é più avanti di noi ed informarsi bene perché c’e Bisogno di tecnologia ma anche che ogni regione distrugga i propri rifiuti,
C’è un’emergenza dei rifiuti? Ma non è nel programma del governo!!…………………….
Ma cosa dici mai Rampelli. Solo pie utopie avendo presente l’italico senso civico!!!!! Servono commissari straordinari per il ciclo rifiuti in tutto il sud, Lazio compreso, perché la politica locale ha dato ampia dimostrazione dell’incapacità a risolvere il problema.
PArole in libertà senza alcuna competenza o conoscenza del problema. Del resto è sempre stato il problema prima del MSI, poi di An ed infine di FdI. Solo propaganda e basta. Vocazione da opposizione. Ma risolvere un problema. Cavalcare sempre le posizioni più becere di chi ha qualcosa da ridire, stando alla finestra con magari uno stipendio pubblico garantito, sulle scelte di chi è sul campo a lavorare. Avanti con la propaganda ed indietro col Paese. Tanto l’importante è fare qualche parlamentare mica cambiare il mondo. ?
Se è condivisibile, come dice Di Maio, che gli inceneritori non sono la soluzione, a maggior ragione condivido il parere del Deputato Fabio Rampelli che invita il centrodestra a farsi avanguardia per una politica ambientale mirata alla tutela della salute e dell’ecosistema.
concordo con Cives e sono assai deluso da Rampelli che stavolta si e fatto incantare dalle cialtronate ambientaliste
I RIFIUTI SONO IL PROBLEMA DEL SECOLO
Provincialismo, Rampelli e ignoranza di quanto difficile e variegato sia il trattamento dei rifiuti in Italia, che ha anche eccellenze, come Treviso, che all’estero ci invidiano. San Francisco fa semplicemente il nostro porta a porta, che però io faccio su 5 bidoncini e non su 3 e senza migliaia di scivoli da pulire. È solo questione di QUALITA’ della differenziata, a partire dall’umido, che da solo è il 40% dei rifiuti e che è il più facile da trattare, anche localmente. Ma non tutto del resto si riesce a trasformare o riusare e non tutto il trasformato poi viene richiesto dal mercato. Quindi, il residuo, alla fine, deve poter essere smaltito e i termovalorizzatori lo fanno egregiamente. Se, invece, la differenziata è al 40% o meno, da decenni, allora sono tutte pie speranze e i termovalorizzatori sono un obbligo e andrebbe alla grande se almeno si differenziasse per bene l’ umido.