«Basta guardarsi l’ombelico»: Minniti si smarca da Renzi e si candida
A otto mesi dalla bruciante sconfitta del 4 marzo, partito ufficialmente il Congresso del Pd, l’unica certezza è che il segretario reggente fino a ieri, Maurizio Martina, si è dimesso e che Marco Minniti ha sciolto la prognosi – riservata fino a poche ore fa – annunciando una sua candidatura. Per il resto, all’Assemblea nazionale riunitasi all’hotel Ergife, ascissa e ordinata del partito di Largo del Nazareno allo sbando sono rappresentate al momento dallo scioglimento della Direzione dem e dalla nomina della Commissione congresso (presidente Gianni Dal Moro), organismo che reggerà il partito di qui all’elezione del nuovo segretario. E qui vengono al pettine tutti i nodi di una crisi che ha intrecciato problematiche frondiste aperte dalla base e scelte condivise in materia di leadership. Nodi che non è ancora dato sapere quando verranno sciolti: quel che è certo è che, al momento, è stata siglata un’intesa per affidare alla stessa Commissione congresso, in cui sono rappresentate tutte le variegate e contrapposte componenti dem, la decisione. nel frattempo, però, per le primarie Pd non c’è ancora una data: in agenda, infatti, è fissato l’appuntamento per martedì, quando si deciderà una data tra le opzioni tra il 17, il 24 febbraio e il 3 marzo, tutte ancora aperte. Su questo, presumibilmente, si concentrerà il dibattito interno con polemiche e strappi annessi nei prossimi giorni.
Minniti si candida alla segreteria del Pd
Di più: stando a quanto trapela a margine del summit dem romano, Minniti non avrebbe risposto positivamente all’offerta dei renziani di un ticket con la “renzianissima” Bellanova per garantire il sostegno compatto dell’area. «La cosa al momento è congelata», si fa sapere. Però potrebbe esserci una lista collegata alla candidatura Minniti, eventualità accennata a Salsomaggiore da Andrea Marcucci. In tutto questo, allora, Matteo Renzi, da parte sua, si tiene fuori: e ostenta una distanza plastica dalle dinamiche congressuali non facendosi vedere all’assemblea dell’Ergife. E così, mentre Martina che lascia la segreteria dicendosi «orgoglioso del lavoro fatto» Marco Minniti si candida come diretto successore per la segreteria del Pd. L’ex ministro dell’Interno scioglie la riserva all’indomani dell’avvio della fase congressuale del Partito democratico iniziata con l’Assemblea nazionale, anche se, come anticipato in apertura, la data delle primarie non è ancora in stata fissata in calendario. Intanto, però, in un’intervista rilasciata a Repubblica Minniti, tra retroscena taciuti e intenzioni annunciate, spiega come consideri la sua decisione una scelta obbligata per «evitare l’ estinzione del Partito Democratico», perché questo è il vero pericolo che – ribadisce l’ex titolare del Viminale – «stiamo correndo noi e la democrazia italiana». Anche per questo, prova a convincere sostenitori e detrattori il neo candidato al vertice dem, «non sono lo sfidante renziano – sottolinea – in campo c’è solo Marco Minniti». Tanto che poi, parlando degli oltre 550 sindaci che hanno firmato un appello per sostenere la sua candidatura chiedendo «una guida forte e autorevole» per il Pd, aggiunge: «Rappresento questa parte del partito e non un equilibrio correntizio. Se non ci fosse stata questa richiesta da parte di tanti eletti, non mi sarei reso disponibile. E poi – rimarca – rivendico con una certa fermezza una storia personale, fatta al servizio delle istituzioni. Si sta candidando Marco Minniti. Punto». E liquida la spinosa “questione ex premier” dicendo: «Essendo stato tra chi non ha esagerato nel lodarlo quando era al potere, non ho alcun bisogno di prenderne le distanze. Renzi ha perso e si è giustamente dimesso assumendosi responsabilità che vanno anche oltre le sue».
«Basta guardarsi schizofrenicamente l’ombelico»
E se, rilanciando una ricetta partitica inopinatamente ecumenica, sul principale concorrente Nicola Zingaretti, Marco Minniti spiega che «non è un avversario» – «Io penso a un ricamo unitario che valorizzi le differenze politiche. Per questo proporrò a tutti i candidati un codice di comportamento per far capire che non c’è una gestione contrapposta» –, parlando della sfida che lo aspetta, l’ex ministro avverte: «So bene che le scorse elezioni sono state più di una sconfitta. C’è stata una rottura sentimentale con i nostri elettori. Questa è la sfida del Congresso. Io non cerco scorciatoie». L’obiettivo dunque non è «tornare semplicemente al governo. La sconfitta del nazionalpopulismo è possibile solo si riesce a parlare con la società italiana. Va ricostruita una connessione. Serve un Congresso che parli all’Italia, non un regolamento dei conti interni». Basta insomma, esorta a viva voce Minniti ai suoi del Pd, «guardarsi schizofrenicamente l’ombelico». Riusciranno ad ascoltarlo?
Io penso che il PD è diventato il partito della classe alta d’Italia, che vive nei quartieri bene , che è cresciuta con tutti gli agi, scuole private , che si è trovata tutto su un piatto d’argento e ora parla di nobili ideali, ma non ha la minima idea di come viva la gente comune, nelle periferie, nei quartieri degradati, dove chi si è fatto un alloggetto con sacrifici immensi, ora vive ostaggio di zingari, è ribadisco zingari, che rubano, infastidiscono ,minacciano e insultano per non parlare mdei bravi ragazzi che spacciano. Gente che va a lavorare su autobus stracarichi, perennemente in ritardo. Potrei continuare all’infinito, ma i signori della Leopolda nei loro bei vestitini su misura che cosa ne sanno di chi fa una vita da operai? E hanno il coraggio di definirsi di sinistra, è si stupiscono se nessuno li vota più. Dismettano quelle facce arroganti , pieni di boria, si fanno vedere davanti alle fabbriche solo in campagna elettorale e poi non li vedo più, tornano nelle loro belle torri d’avorio e ci lasciano in balia di ladri, delinquenti e rifiuti. Tanto loro vivono nei loro bei quartieri, puliti, ordinati sicuri.