Ottavia Piccolo, il caso si sgonfia ma il capo della polizia elogia i partigiani
Era stato solo un equivoco, uno “spiacevole frantendimento”, chiarisce il capo della polizia Franco Gabrielli, che però sente l’esigenza di lodare l’Anpi, protagonista della denuncia dell’attrice Ottavia Piccolo, secondo la quale a causa di un fazzoletto con il simbolo dei partigiani le sarebbe stato impedito di partecipare a una manifestazione. «Il dipartimento della Pubblica Sicurezza, che io dirigo – dice Gabrielli – è a tutela delle Istituzioni democratiche, di cui l’Anpi incarna le radici più profonde». Qualche giorno fa, sul quotidiano “La Nuova Venezia”, era apparsa la denucia della Piccolo. «Mi hanno bloccata alla Mostra del Cinema perché aveva il fazzoletto dell’Anpi. Mi hanno fermata perché avevo al collo un fazzoletto dell’Anpi. Incredibile. Ma in che Paese viviamo?», aveva aggiunto l’attrice, da sempre schierata politicamente con la sinistra più radicale. Tutto chiarito dopo alcuni minuti: probabilmente l’equivoco nasceva dalla confusione nata sul simbolo dei partigiani, confuso con quello di un partito e quindi non autorizzato per quel tipo di presidio. A quanto pare lo stesso poliziotto avrebbe chiarito tutto e autorizzato l’ingresso della signora.
Oggi, però, il capo della Polizia Franco Gabrielli ha sentito l’esigenza di chiarire ancora meglio, sulle colonne della posta del Fatto Quotidiano, che aveva enfatizzato l’episodio dando, ovviamente, la colpa a Salvini. «Caro direttore, sento l’esigenza di rassicurare lei e i suoi lettori… nessuna direttiva è stata mai data per limitare le libertà fondamentali costituzionalmente riconosciute, del resto, circolari con tali finalità, potrebbero mai essere legittimate nel nostro paese. L’episodio, assolutamente spiacevole, va ricondotto in un ad un fraintendimento ascrivibile al contesto delle rigorose misure di sicurezza…». Poi il tributo finale all’Anpi.
L’Anpi non dovrebbe essere mantenuta con i soldi pubblici. Spero che questo governo provveda a cancellare i finanziamenti. Se vogliono si mantengano le sedi e le strutture con i versamenti dei soci e non con i soldi pubblici.