Il “decreto dignità” ancora sul tavolo di Di Maio. La Lega, intanto, mugugna

10 Lug 2018 15:42 - di Valerio Falerni

Il “decreto dignità” è ancora sul tavolo di Luigi Di Maio. Su quelli della Ragioneria dello Stato, dove è atteso per la cosiddetta “bollinatura“, non è ancora arrivato. La versione ufficiale riconduce il ritardo ad un’armonizzazione tecnica tra le norme e la relazione tecnica che accompagna il testo. Fatto sta che dal 2 luglio, giorno della sua approvazione in Consiglio dei ministri, gli unici passaggi che si conoscono sono quelli polemici verso il provvedimento. Al punto da richiamare in servizio il premier Giuseppe Conte, di solito sempre molto parco di parole. Evidentemente, il moltiplicarsi delle reazioni negative deve averlo convinto a non lasciare il solo Di Maio a fronteggiare l’onda critica. L’aiutino arriva sotto forma di intervista a La Stampa in cui Conte afferma che «non c’ è alcun motivo per le piccole e medie imprese di infuriarsi a causa del “decreto dignità”».

Conte alle imprese: «Non avete nulla da temere dal decreto dignità»

È un fatto, però, che la sua rassicurazione non solo non tranquillizza gli uomini d’impresa (Vincenzo Boccia, leader di Confindustria ieri è tornato ad attaccare il provvedimento), ma neppure l’altro partito della maggioranza che lo sostiene, cioè la Lega. È solo un caso, ovviamente, ma ha fatto comunque un certo effetto misurare la distanza tra la rassicurazione del presidente del Consiglio al giornale torinese e le parole evidenziate sul Foglio dal colonnello salviniano Dario Galli che ha bollato come «non sufficiente» il testo messo a punto da Luigi Di Maio. Galli è puntiglioso nell’elencare i punti del decreto meritevoli, a suo avviso, di una profonda rivisitazione, a cominciare dall’«aggravio contributivo dello 0,5 per cento sui rinnovi dei contratti a termine, che pure si aggiunge a un 1,4 per cento voluto dalla sinistra». Una misura – sottolinea Galli – che «risponde alla volontà del M5S», ma della quale l’esponente leghista capovolgerebbe volentieri la filosofia di fondo: «S’introduca piuttosto uno sgravio di mezzo punto come premio per chi stabilizza i contratti a termine. È una modifica piccola, lo so, ma significativa».

Il leghista Galli: «Testo insufficiente. Va cambiato»

«Quando arriva l’ora della…dignità?», si chiede invece con una punta d’ironia Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia e portavoce unico dei gruppi di Camera e Senato, che lancia anche un avviso aie naviganti: «Sia chiaro fin da adesso – sottolinea – che non accetteremo corse contro il tempo: a causa della incapacità e dell’improvvisazione del governo, infatti, il provvedimento rischia di arrivare in aula a ridosso della chiusura del Parlamento. A questo punto viene da augurarsi che l’indegno decreto dignità sia equiparato a un colpo di sole estivo: decada e lasci spazio a una legge ben fatta che non sia penalizzante e mortificante per lavoratori e imprese».

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  • Pompeo 11 Luglio 2018

    Buffonata assoluta da demagogia populista vetero comunista.Il lavoro è l’unico rimedio per la povertà e per la dignità,l’elemosina è deprimente per chi cerca lavoro e non ne accresce la dignità.Saranno felici solo i fannulloni!! Dimaio ti sei formato a Cuba in Venezuela o dove?