Foibe, 10 italiani in una fossa comune: a Fiume riemerge l’orrore dei massacri titini
Ci sono voluti quasi vent’anni di ricerche e una volontà durata più di 70, ma alla fine la fossa comune in cui i partigiani titini gettarono gli italiani di Fiume massacrati nell’eccidio del 4 maggio 1945 è stata trovata. È in una zona isolata nei pressi di Castua, come si chiamava in italiano, o Kastav, come si chiama in croato, a una decina di chilometri da Fiume. Gli scavi hanno restituito i resti di una decina di persone, vittime innocenti di quell’orrore che furono le foibe. E poco cambia che queste vittime, invece che in una cavità naturale, furono gettate in una fossa scavata dagli uomini: l’abominio era lo stesso.
Gli scavi sono iniziati a maggio e si sono conclusi all’inizio di questo mese, come riferisce il Corriere della sera, citando come fonte Onorcaduti, l’organismo del ministero della Difesa che si occupa della ricerca delle vittime di guerra e della loro memoria, che però sul suo sito è molto cauto nel riferire gli esiti della scoperta. La ricerca anche di queste vittime delle violenze dei partigiani titini, però, era iniziata molto prima: la fossa comune di Castua si cerca concretamente dagli anni Novanta, nell’ambito di un impegno che le associazioni di esuli giuliano-dalmati e vittime delle foibe hanno portato avanti lungo tutto questo settantennio che ci separa da quelle violenze, che furono una vera e propria pulizia etnica contro gli italiani.
La scoperta della fossa comune, promossa insieme alla Società di studi fiumani e per la prima volta con la collaborazione di Zagabria, è stata resa possibile da un ostinato lavoro di ricerca storica, partito dalle testimonianze dei sopravvissuti, fra i quali in particolare quella di un sacerdote. E sono sempre le testimonianze dell’epoca a restituire una identità alla decina di vittime ritrovate, prima ancora delle conferme che si aspettano dall’esame dei resti. I racconti di allora riferirono di un omicidio di massa compiuto tra il 3 e il 4 maggio, tra le cui vittime c’erano il senatore e podestà di Fiume Riccardo Gigante, il giornalista Nicola Marzucco, il maresciallo della Guardia di Finanza Vito Butti e il brigadiere dei carabinieri Alberto Diana, più diversi civili. Si sapeva dunque già tutto di quel massacro, tranne il luogo in cui i corpi delle vittime furono nascosti. Ora, salvo smentite che però non sono attese, anche questo mistero sembra essere stato svelato.