Cinecittà, al “Messina” 5 furti in 10 giorni. «Scuole indifese, impuniti i baby ladri»
Arroganti, sfrontati, impuniti. Entrano nelle scuole, le depredano di tutto, soprattutto di computer e materiale di cancelleria, sfidano con lo sguardo le telecamere a circuito chiuso e se non trovano nulla sporcano, vandalizzano, defecano nelle aule. Sono i baby ladri di borgata, tutti quasi certamente minorenni, che da una decina di giorni, da quando le scuole sono chiuse, prendono di mira l’Ic di via Messina, a Cinecittà, Roma, periferia degradata nella quale l’istituzione scolastica è una speranza, più che una certezza, una trincea, più che un baluardo.
Cinque incursioni in dieci giorni, una media di due per plesso scolastico, un rituale ormai quotidiano che neanche la videosorveglianza e i controlli delle forze dell’ordine, sempre tempestive negli interventi, sono riuscite ad evitare. Nel VII Municipio di Roma i furti nelle scuole sono ormai la normalità, come nel resto di Roma, soprattutto dopo gli investimenti sulla tecnologia fatti grazie all’utilizzo dei Pon. Ma del problema, a quanto pare, non si curano più di tanto le istituzioni cittadine mentre tra gli operatori scolastici ormai prevale la rassegnazione.
Impossibile bloccare tutti gli ingressi laterali dell'”Ic Messina”, soprattutto per la necessità di utilizzare i maniglioni antipanico per motivi di sicurezza, che poi diventano facili varchi da superare per i ragazzini che vengono a depredare. «In uno dei plessi violati – spiega la preside Stefania Colicelli – eravamo riusciti a nascondere al meglio i pc per non farli rubare e i vandali, per “protesta”, hanno lasciato feci in tutte le aule…». Cosa si può fare? «Le forze dell’ordine sono attente ma non ce la fanno a stare dietro a queste gang di ragazzini che scappano da tutte le parti ogni volta che vengono sorpresi sul fatto, Cinecittà è un quartiere difficile, certo, ma facciamo un grande lavoro per trasformare le scuole in luoghi accoglienti. Poi quando si chiude, per le ferie estive, arrivano i soliti “pochi” e rovinano tutto. Forse il problema andrebbe affrontato a livello cittadino, se non nazionale», conclude la Colicelli.