Roma, la talpa era nella segreteria del procuratore aggiunto Racanelli (video)
Era addetta alla segreteria di uno dei nove procuratori aggiunti della Capitale, Angelantonio Racanelli, la cinquantenne Simona Amadio, la dipendente della Procura di Roma arrestata oggi e compagna di un poliziotto, anch’egli finito in manette, addetto all’ufficio scorte, considerata la “talpa” che, dall’ottobre 2017, dava notizie e informazioni coperte da segreto ad alcuni agenti i quali, poi, le giravano a Carlo D’Aguano, titolare di bar e sale giochi, su cui i pm capitolini stavano indagando per i suoi legami con la camorra.
Alle ultime elezioni comunali del 2016, Simona Amadio si era candidata nella lista “Noi con Salvini” raccogliendo 341 voti senza essere eletta. Impiegata in Procura da anni, la Amadio – che aveva seguito per 4 anni il procuratore Racanelli quando il magistrato era stato eletto come membro togato al Csm nella corrente di Magistratura Indipendente prima di ritornare in Procura, circa due anni fa – era compagna di uno dei poliziotti finiti in carcere, Angelo Nalci, soprannominato negli ambienti del culturismo “Angelonegher”, addetto all’ufficio scorte della Questura e assegnato, in passato, proprio alla scorta di Matteo Salvini.
A incastrare la donna, tra l’altro c’è un’intercettazione contenuta nell’ordinanza del gip, in cui si riporta un dialogo tra i due avvenuto lo scorso marzo, in cui la donna ripercorre «una conversazione avuta con D’Aguano che aveva necessità di qualcuno che gli potesse fornire informazioni circa l’esistenza di procedimenti penali sul suo conto».
«Io Carlo me lo voglio tenere – dice la talpa Amadio al compagno poliziotto-culturista – allora tu devi pensare amore, che come tutti “gli impiccioni” lui ha amici poliziotti… la talpa in Procura… lui (D’Aguano)…la prima cosa che mi ha chiesto è: “mi posso fidare?”…a lui gli serve un appoggio in Procura, cioè qualcuno che va ad aprire a va a vedere».
In un’altra intercettazione contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare c’è, distillata, tutta l’arroganza di chi si sente intoccabile: «ma questa gente che pensa, che io veramente da 23 anni sto a pettinare le bambole dentro alla Procura, prima di Milano e poi quella di Roma, – dice la talpa – se io voglio arrivo dappertutto e a me nessuno mi dice di no». E ancora: «il collega che mi ha fatto il favore di fare i tabulati lo sa che io mi faccio tagliare la gola ma i tabulati non escono fuori…a me nessuno mi dice di no…ma non perché sono un Padre eterno, perché in questi anni, forse, tra le tante sventure che mi sono capitate nella vita ho dato qualcosa a chi mi stava di fronte, quindi come si muovono, si muovono male».
«Quella cosa lì in ufficio sta andando, si sta risolvendo, tu qualsiasi cosa ti serve, lo sai, io sto a disposizione» è la frase che resta impressa, il 2 gennaio scorso, sui registratori degli investigatori che stavano ascoltando una conversazione fra la cancelliera in servizio alla Procura di Roma e l’imprenditore Carlo D’Aguano.
Nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per loro due e per i 6 poliziotti corrotti, la gip della Capitale, Cinzia Parasporo scrive: «D’Aguano le chiedeva di vedersi e se l’indomani lavorasse e Amadio diceva che la mattina dopo sarebbe stata in ufficio e che ci sarebbe stata pure Martina Fedeli (una collega della segreteria, ndr) «ma quella meno cazzi sa e meglio è insomma, però, insomma, comunque sto in ufficio, sono operativa».
«La dichiarata piena disponibilità dell’Amadio nei confronti del D’Aguano trovava attuazione pochi giorni dopo. Infatti – si legge nel provvedimento – gli accertamenti effettuati sugli accessi eseguiti dalla pubblica dipendente, utilizzando le proprie credenziali, al SICP, il Sistema informativo della cognizione penale, evidenziavano che la stessa il 9 gennaio 2018 vi aveva fatto accesso per interrogare il nominativo di D’Aguano Carlo. E nella circostanza Amadio aveva avuto riscontro dell’esistenza del procedimento penale 30521/17 (registro generale notizie di reato), di cui questo procedimento costituisce stralcio, iscritto nei confronti di D’Aguano, carpendo altresì i nominativi degli altri indagati, i reati iscritti, l’organo di polizia giudiziaria delegata, il pm inquirente e lo stato del procedimento. Il giorno prima, D’Aguano e Amadio si erano incontrati presso la città giudiziaria dopo essersi contattati reciprocamente mediante degli squilli».
«In quanto addetta alla segreteria di un procuratore aggiunto – si legge ancora nell’ordinanza – la cancelliera, con le sue credenziali (utenza e password) può operare ricerche e in alcuni casi può procedere a modifiche, su tutti i fascicoli o iscritti presenti nel registro, sia in corso di istruttoria sia definiti per la Procura, salvo quelli per i quali il pm abbia emesso un provvedimento di secretazione».
La Amadio tra l’altro avrebbe effettuato un accesso al registro informatico anche «per visualizzare le pendenze del fornitore di sostanze stupefacenti/anabolizzanti del proprio compagno» senza che ciò «abbia a che vedere con le pubbliche funzioni dell’indagata».
Ruota, dunque, proprio attorno alla coppia Amadio-Nalci l’operazione condotta dai carabinieri, coordinati dai procuratori aggiunti Paolo Ielo e Michele Prestipino, che ha portato all’arresto di nove persone, fra cui 6 poliziotti – Federico Rodio, Fabio Di Giovanni, Francesco Macaluso, Alessandro Scarfò, Gianluca Famulari e Angelo Nalci – che per mesi hanno fornito informazioni sulla indagine che riguardava D’Aguano.
Il nome dell’imprenditore era stato toccato di striscio nell’operazione “Babilonia” dell’estate scorsa che portò alla luce due organizzazioni criminali, una romana e una legata alla camorra, che gestiva il traffico di droga nella Capitale, compiendo anche usura ed estorsioni.
Indagando poi su di lui, gli inquirenti hanno scoperto la talpa in Procura e tutta la rete di corruzione, tra cui tre agenti del reparto Volanti e due agenti del commissariato Fidene che, in cambio delle informazioni, ricevevano denaro, quote societarie del gruppo D’Aguano e l’intermediazione per ottenere auto a prezzi di favore.
Le accuse per tutti a vario titolo sono di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione di segreti di ufficio.
Avere la certezza degli anticorpi all’interno delle strutture dello stato è l’unica garanzia per il cittadino.
La eliminazione dei toni di grigio nei meccanismi punitivi, una volta accertate le responsabilità è la seconda tappa di uno stato dal comportamento trasparente !
Brutte cose