Negozi aperti la domenica? La festa va restituita a famiglia e comunità
Da Mario Bozzi Sentieri riceviamo e volentieri pubblichiamo
Caro Direttore, il ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha rilanciato la proposta della chiusura degli esercizi commerciali nel giorno di domenica, intendendo così abolire la normativa di completa liberalizzazione attuata a partire dal Governo Monti, nel 2012.
Il dibattito è aperto e va tenuto ben vivo, offrendo una triplice chiave di lettura: economica, sociale e culturale. Sul primo versante, quello più immediato, c’è la realtà di centinaia di migliaia di piccoli negozi costretti a subire gli eccessi delle liberalizzazioni (a partire dagli orari, con conseguenti costi per il personale) senza particolari benefici per un settore che, negli ultimi anni , ha visto la chiusura di decine di migliaia di esercizi, con un vistoso crollo delle aperture di nuove attività.
Sul piano sociale le domande più usuali sono: come può una famiglia condurre serenamente la propria vita se, quando il marito è a casa dal lavoro, la moglie è a lavorare, o viceversa? E se quando i figli sono a casa da scuola, uno o entrambi i genitori sono al lavoro? Per di più, avere il tempo libero dal lavoro in giorni diversi gli uni dagli altri non consente che esso venga vissuto come tempo di festa, perché non è possibile far festa da soli; così come limita fortemente le relazioni amicali e la libera npartecipazione alla vita di gruppi, associazioni e comunità.
Dal punto di vista culturale, equiparare giorni festivi e giorni feriali significa impoverire uno spicchio della nostra identità collettiva, segnata dalla presenza della “festa” e del Sacro. Come ci indica la Dottrina Cattolica “la dimensione cristiana della festa come tempo di comunione e attesa porta a maturazione la nostalgia di un tempo dove l’uomo non serve solo la produzione, ma dove il lavoro ridoni speranza all’uomo. Tocca alle comunità cristiane predisporre le condizioni antropologiche, educative e comunitarie perché la domenica sia vissuta come tempo della festa, tempo “sacro”, cioè un tempo in cui l’uomo si lascia sorprendere (prendere-come-da-sopra) dal fatto che la vita personale, familiare e sociale è più di quanto egli misura, calcola, produce e costruisce, ma è dono che deve essere ricevuto e vissuto nel cerchio familiare e nello scambio sociale”.
Quella della “festa” è anche una sfida antropologica, in grado di coinvolgere l’essere stesso delle persone. E allora, se il commercio è indubbio che debba essere favorito, è anche vero che esistono “bilanci culturali” con cui bisogna sapere fare i conti, a cominciare dalla piena consapevolezza del proprio “tempo”, dal riconoscersi in culture condivise, quali quelle che vengono anche dal comune ceppo cattolico, dagli esempi di una religione che si intreccia con la società, che si fa bandiera, rito civile, segno distintivo, festa nel suo significato di evento gioioso e coinvolgente il singolo e la comunità, laddove invece a vincere sembrano essere le logiche del mercato, dell’individualismo, dello sradicamento culturale, della perdita della memoria.
Per queste diverse ragioni i giorni “festivi” vanno difesi e riconsegnati al loro destino di giornate straordinarie e di “condivisione sociale”, anche a costo di scontentare qualcuno.
Italia vive di turismo chiudere la domenica e fare suicidio…famiglie normali con comunicazione interna fra famigliari e molto importante ma al solito tempo si può anche lavorare..la dottrina cattolica ci a controllato per secoli e secoli e tempo di liberta..non siamo più nel Medioevo.
Brava!!!
La lettera è scritta molto bene, gli argomenti sono molto toccanti, e utopisticamente condivisibili. Ma la mia personale libertà di tenere aperta la bottega, che non ho ma potrei avere, fa il paio con il trovare un medico disponibile alle tre di notte di sabato. Fuori lo stato dalle utopie, i piani quinquennali e la creazione dell’uomo nuovo sono dietro l’angolo, possibile che la memoria storica sia così labile?
Il medico alle 3 da notte lo trova già al pronto soccorso ed in guardia medica…….Un libero professionista non è una bottega
Che bello, le auguro di poter vivere in mondo nuovo, dove dalle 18.30 di venerdì alle 07.30 di lunedì tutti ma proprio tutti gli esercizi commerciali, anche gli alberghi e ristoranti siano chiusi, ci pensi tutti, ovviamente anche gli ospedali e annessi. Che meraviglia, le televisioni che non trasmettono, internet chiuso… E sì anche internet collegato con l’orologio dello Stato, quindi no segnale negli orari di cui sopra. E se pensa di lavare l’auto da solo, niente self service, che poi sono mollezze borghesi. È pure il telefono che ovviamente viene spento da tutte le compagnie telefoniche per legge. Insomma un mondo dove tutto sono uguali… a niente. Se non ci fossero le teste vuote, non ci sarebbe il divertimento.
Il concetto di libertà, non è chiaro vero?
Avevo dimenticato di segnalarvi questa considerazione. Ma quelli che ho menzionato nelle categorie degli occupati nei giorni festivi sono forse tutti SINGLE? (per favore posate gli occhi sul mio commento).
La famiglia non conta più. Si pensa solo a vendere e tutti siamo schiavi della produzione, dimenticando ogni forma di umanità. Ormai si vive schiavi del lavoro, lavorando sempre di più e con stipendi sempre più bassi, ma qualcuno, per questo, si arricchisce. i sindacati ormai non difendono più i lavoratori, neanche quando è giusto intervenire. I genitori sono costretti a lavorare, i figli sono abbandonati a se stessi e ci dicono fate figli. certo serve per avere manodopera a basso costo e per poter sfruttare ancora di più le persone. Ebbene non cadiamo nella trappola e non vogliamo fare figli per vederli sfruttati e umiliati da questa società malata di avidità.
sono d’accordo. E’ un po’ come la televisione: fin quando la accendi ti sembra di non poterne vivere senza. Ma basta non accenderla e fare altro, tipo leggere un buon libro ed ecco che l’alternativa esiste, eccome….
E cosa decidiamo per queste categorie di lavoratori anche festivi: camerieri, cuochi, baristi, tabaccai, impiegati d’albergo, portieri di notte, autisti di bus – tram – treni- , infermieri d’ospedale, medici di turno, impiegati al ricevimento, portantini, autolettigghieri e conducenti, vigili urbani, poliziotti, carabinieri, cinema, discoteche, bagnini, e quant’altri? Chiudiamo le città?
Sono d’accordo con lei: chi decide quali sono le attivita’ indispensabili e quali si possono non indispensabili? Queste sono battaglie di retroguardia.
Sono perfettamente d’accordo,la domenica dovrebbe essere il collante x far restare unità la famiglia.speriamo che si possa realizzare questa proposta di Di Maio.
È giusto la Domenica deve essere destinata a se stessi e non al lavoro pertanto chiudiamo solo alla Domenica gli ospedali gli alberghi i ristoranti le autostrade lasciamo a casa i poliziotti (anche i ladri e gli assassini) e tutte le attività che sono aperte la Domenica così facciamo contenti i glillini.
Gino
Contraria alla chiusura, centri commerciali sono anche punti di svago per i bimbi
allora vanno chiusi tutti i luoghi deputati alla tutela di salute, sicurezza e divertimento. Chi lavora in tali ambiti ha famiglia ed allora diventa un diritto anche per sé dedicare la domenica alla propria. O NO??????????