Inés come Alfie Evans: nessuno ne parla, anche per lei non c’è stata pietà
Si è spenta dopo 40 ore di agonia Ines Afiri, 14 anni, senza che l’opinione pubblica si mobilitasse, come avvenuto per il piccolo Alfie Evans. Aveva avuto un arresto cardiaco il 22 giugno del 2017, un anno fa. I medici dell’ospedale di Nancy hanno stabilito che per lei non c’era speranza di uscire dallo stato vegetativo in cui era caduta e così hanno deciso di “staccare la spina”, nonostante le disperate resistenze dei genitori. La mamma di Ines, Djamila Afiri, ha raccontato a Europe1 quei momenti drammatici: “Aveva bisogno di ossigeno. Quando l’hanno staccata, respirava un po’ da sola. Ma dopo è diventata blu”. La madre ha chiesto allora ai medici “di dare un po’ di ossigeno, e hanno rifiutato. Ho detto loro che non erano umani, che non avevano un cuore”.
La sua triste fine, avvenuta alla presenza di 8 poliziotti che dovevano garantire che la ragazzina venisse “estubata” senza che i genitori opponessero resistenza, viene ora raccontata da Avvenire, in un articolo di Assuntina Moresi. Dopo che i medici hanno deciso che per Ines non c’erano speranze è iniziato “un contenzioso che investe prima il tribunale amministrativo competente, poi il Consiglio di Stato e infine la Corte europea dei Diritti umani, in un percorso che ripete, in salsa francese, quello dei piccoli inglesi Charlie Gard, Isaiah Haastrup, Alfie Evans. Stavolta però la notizia è passata quasi sotto silenzio – scrive Avvenire – nonostante le dichiarazioni della mamma di Inés, non c’è stata alcuna mobilitazione a sostegno della famiglia: non sappiamo se causa o conseguenza della scarsa attenzione dei media. Probabilmente dei prossimi casi simili a questi non sapremo più niente: alcune questioni ormai sembrano “digerite” da esperti e opinione pubblica, apparentemente indifferenti a quelli che invece restano aspetti inquietanti, quando non intollerabili”. Ma c’è qualcosa di più, ammonisce il quotidiano die vescovi, “che dovrebbe interrogare tutti, ed è il modo in cui questi bambini sono morti. Isaiah, un anno di età, ha annaspato per più di sette ore in braccio a suo padre, dopo che gli è stato tolto il respiratore artificiale. Charlie Gard per morire ha invece impiegato “solo” dodici minuti, una volta sospesa la ventilazione, spalancando gli occhi alla fine come per un ultimo sguardo ai suoi genitori, che lo hanno raccontato. Alfie Evans è sopravvissuto cinque giorni al distacco del ventilatore, anche grazie alla respirazione bocca a bocca di papà Thomas e mamma Kate nella prima notte dopo il distacco, e all’ossigeno poi, dato con mascherine letteralmente gettate a suo padre dai suoi sostenitori, che solo lanciandole in aria hanno potuto superare lo schieramento della polizia davanti alla terapia intensiva dove Alfie era ricoverato. Di Inés abbiamo già detto: 40 ore e otto poliziotti”. Ma la chiamano “morte dignitosa”.
Che tristezza, ma come si possono fare cose cosi disumane… Non aggiungo altro…