Isernia, incendiato il centro profughi. Il sindaco: «Salvini ci aiuti»
Incendio, la scorsa notte, in un fabbricato nel Comune di Pescolanciano, un paese di 900 abitanti in provincia di Isernia, che a breve sarebbe stato destinato a centro di accoglienza temporaneo per una quindicina di migranti. Sul posto sono intervenuti i carabinieri di Isernia e i vigili del fuoco, che hanno domato le fiamme ed effettuato i rilievi tecnici. Tra le ipotesi al vaglio degli inquirenti viene privilegiata quella di una atto doloso.
L’incendio ha prevalentemente danneggiato una delle stanze dove erano già stati collocati letti, materassi e armadi. L’immobile è stato sottoposto a sequestro da parte dei carabinieri, che hanno avviato le indagini per fare piena luce sull’intera vicenda, ricordando che «nei giorni scorsi l’iniziativa di destinare l’immobile a centro di accoglienza temporanea non era stata accolta favorevolmente dalla popolazione locale e la tematica era stata anche affrontata in occasione di un pubblico incontro tenutosi lo scorso 28 maggio».
È stato poi il sindaco, Manolo Sacco, a spiegare che la decisione di allestire in paese un centro di accoglienza era stata calata dall’alto senza che né gli abitanti, né lui stesso ne venissero informati. Una situazione esplosiva, rispetto alla quale il primo cittadino chiede ora aiuto a Matteo Salvini. «Faccio un appello al neo ministro dell’Interno Salvini affinché ci dia una mano. Ha messo al centro della sua campagna elettorale le problematica dell’immigrazione e dell’accoglienza e da lui mi aspetto un aiuto concreto. Altrimenti sono pronto a dimettermi perché non mi sento tutelato», ha detto Sacco, spiegando che «ovviamente prendo le distanze dal gesto (l’incendio, ndr) e spero che la giustizia individui i colpevoli», ma chiarendo anche che «sono quattro mesi che va avanti questa storia». «Sono venuto a conoscenza del fatto che lo stabile sarebbe diventato un centro di accoglienza così, per caso. Nessuno – ha spiegato il sindaco – mi aveva avvertito. Neanche attraverso una nota ufficiale».
«Non siamo un paese di razzisti», ha quindi rivendicato Sacco, ricordando che «da noi soggiorna una famiglia di kosovari, una di marocchini ed è presente una casa famiglia per adolescenti. Ma penso che quando si decide di fare un centro di accoglienza bisogna farlo a tavolino, con la popolazione, la Questura e la cooperativa. Questo progetto invece – ha concluso il primo cittadino – è caduto dall’alto e la gente ha iniziato a vivere in un clima di terrore. Non si sapeva neanche chi, da dove e quante persone sarebbero arrivate. E questo in un paese di appena 900 anime ha creato il panico».