Di Maio e Salvini saldano il loro “patto pro-Putin” con il grillino filo-russo

4 Giu 2018 18:27 - di Giovanni Trotta

Manlio Di Stefano il pole position per la Farnesina? Dopo la formazione del governo, arriva infatti la non meno importante partita dei sottosegretari. È tempo di chiudere la squadra Lega-M5S, con la nomina di viceministri e sottosegretari. Il risiko è complesso, un gioco d’incastri delicato che agita le due forze politiche al loro interno con immancabili frizioni e mal di pancia. Ma lo schema è ormai tracciato e dovrebbe chiudersi con 5 viceministri e 20 sottosegretari per il M5S, 3 vice e 15 sottosegretari di nomina leghista. La partita più importante e significativa, che vedrebbe ancora più saldo l’asse tra i due movimenti, è senza dubbio quello degli Esteri. In tanti, nelle file pentastellate, danno ormai per assodata la nomina di Manlio Di Stefano a viceministro degli Esteri: il grillino di origini siciliane godrebbe infatti del placet della Lega, merito delle sue posizioni filo-russe e pro Assad. In questo modo il governo blinderebbe l’amicizia dell’Italia con la Russia, come detto tante volte in campagna elettorale da Lega e grillini. Di Stefano in passato ha detto che Putin è un interlocutore, mentre Ranzi un dittatore. Di Stefano è anche a favore di una normalizzazione dei rapporti col presidente siriano Assad. Il grillino, vicino a Di Battista, ha concesso interviste a Russia Today, ha avuto riunioni con uomini vicini a Putin ed è intervneuto al congresso di Russia Unita, il partito del presidente russo. E in questo quadro rientrerebbe anche la revisione delle sanzioni alla Russia decise dalla Ue su ordine americano.

In gioco c’è anche il delicato pacchetto deleghe: quella alle Telecomunicazioni, al centro di un braccio di ferro, dovrebbe alla fine essere destinata alla Lega assieme allo Sport e all’Editoria, mentre sembra ormai data per scontata la delega dei servizi segreti al M5S, in particolare al senatore Vito Crimi, membro del Copasir nella scorsa legislatura. Tra i nomi che circolano con insistenza nelle ultime ore per chiudere la squadra di governo, si fanno spazio nelle file grilline quelli di Stefano Buffagni, Luca Frusone, Gianluca Vacca, Andrea Cioffi. Buffagni, l’uomo del Movimento che ha in mano il dossier nomine partecipate, potrebbe andare al ministero dell’Economia come vice di Giovanni Tria. Ma quella in via XX Settembre è una casella a cui punta anche un’altra grillina di stretta osservanza, l’unica donna presente al tavolo tecnico che ha portato alla nascita dell’esecutivo giallo verde: Laura Castelli. Se non dovesse spuntarla al Mef, Buffagni potrebbe essere destinato al ministero dello Sviluppo economico, chiamato ad affiancare Luigi Di Maio che ha il delicato compito di gestire due dicasteri big: il Mise ma anche il ministero del Lavoro. Crescono inoltre le quotazioni, in casa 5 Stelle, di Frusone, possibile sottosegretario alla Difesa, e quelle dell’abruzzese Vacca, probabile viceministro dell’Istruzione. Il nome del senatore Cioffi, invece, circola per i Trasporti e le Infrastrutture, dove il parlamentare salernitano potrebbe ricoprire il ruolo di sottosegretario. Anche Lorenzo Fioramonti, deputato ed ex professore a Pretoria sposato alla causa M5S, potrebbe rientrare in pista; con lui anche Nunzia Catalfo, la senatrice che firmò la proposta di legge sul reddito di cittadinanza e che potrebbe avere un ruolo al ministero del Lavoro. In casa Lega, invece, sempre in pole Nicola Molteni, che potrebbe raggiungere Salvini al Viminale o puntare a un sottosegretariato alla Giustizia, Alberto Bagnai e Armando Siri – il primo economista euroscettico, il secondo meglio noto come uomo della flat tax – ‘papabili’ per il Mef. Circolano anche i nomi di Raffaele Volpi alla Difesa, Edoardo Rixi per il Mise, Guido Bonomelli ai Trasporti. Ma la partita viceministri e sottosegretari si intreccia anche con quella dei capigruppo: sia nella Lega che nei 5 Stelle le presidenze dei gruppi parlamentari sono rimaste vacanti. Un’altra partita che si inizierà a giocare già a partire da lunedì.

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