“Chi sparò ad Acca Larenzia?” Le risposte nel libro di Valerio Cutonilli

26 Giu 2018 20:05 - di Antonio Pannullo

Valerio Cutonilli, avvocato e scrittore, presenta domani a Roma il suo ultimo libro Chi sparò ad Acca Larenzia?. Il settantotto prima dell’omicidio Moro. Si tratta del secondo libro sulla strage del gennaio 1978 davanti alla sezione del Msi del Tuscolano in via Acca Larenzia, nel corso della quale furono uccisi Francesco Ciavatta e Franco Bigonzetti, da un commando ultracomunista mai identificato e, poche ore dopo, Stefano Recchioni nel corso di scontri con i carabinieri. Il primo libro di Cutonilli, uscito nel 2010, si chiama Acca Larenzia. Quello che non è mai stato detto, scritto insieme con Luca Valentinotti. La tesi di fondo di Cutonilli è che in un certo momento della storia patria esistevano morti di serie A e morti di serie B. I missini ovviamente rientravano in questa seconda categoria.

Avvocato Cutonilli, cosa c’è di nuovo in questo secondo libro?

Diverse cose. Soprattutto riguardo alla dinamica dell’agguato e alla ormai celebre mitraglietta Skorpion usata per la strage, secondo me la chiave di tutto. Ossia per capire come andavano le cose a quei tempi.

E come andavano le cose in quei tempi?

Erano gli anni Settanta, gli anni di piombo. Uccidere un fascista non era reato, e dei morti di estrema destra non è che interessasse qualcosa a qualcuno, esclusa la comunità missina. Nel caso Acca Larenzia, poi, le prime indagini timidamente iniziate dopo il gennaio 1978, furono totalmente oscurate dal delitto Moro, pochi mesi dopo, e la strage dei giovani missini passò in cavalleria. Moro era un morto di serie A, i missini di serie B.

Quali sono le novità in questo secondo libro?

È un libro molto articolato, che si basa soprattutto su atti processuali. Direi che una cosa che è sfuggita a molti, è il fatto che nel commando di cinque persone che agì ad Acca Larenzia c’era uno di loro che era praticamente un professionista, e che è quello che uccise Ciavatta e Bigonzetti. I due, infatti, furono uccisi dalla stessa pistola, una calibro 38.

Quante armi spararono quella sera?

Tre, e una era la ormai famosissima Skorpion appartenuta a Jimmy Fontana che poi la vendette a un commissario di polizia. E poi se ne perdono le tracce, perché il commissario, che lavorava proprio a Roma Sud, inizialmente negò la circostanza, e poi la ammise. E questo a mio avviso il vero mistero di Acca Larenzia: come finì quella Skorpion nelle mani dei terroristi comunisti? Infatti, sull’agguato non c’è un grande mistero: quelle azioni i terroristi le compivano di continuo a iniziare a Padova, a Roma, tutte dirette contro i loro nemici missini.

Che matrice aveva quel gruppo di fuoco?

Come spiego nel libro, la tattica collaudata era quella di utilizzare delle sigle rivendicative usa-e-getta, per depistare  e confondere le acque. Ma l’origine era stessa: dei gruppi ex Potere Operaio che navigavano nel mare magnum dell’autonomia operaio, e che si macchiarono di molti e gravi delitti.

Altri punti oscuri dell’inchiesta?

Moltissimi, ma uno in particolare, sul quale non è mai stata fatta abbastanza luce. Secondo le testimonianze, uno dei killer era claudicante. Non è un particolare da poco, perché, sia che fosse una menomazione transitoria sia definitiva, è impossibile che l’ufficio politico della questura, che a Roma Sud aveva i suoi buoni appigli, non abbia individuato quella persona. Ma, come ho detto. il delitto Moro oscurò poi quasi tutto.

Risultato, per via Acca Larenzia non c’è stata giustizia.

No, furono tutti assolti, e i pentiti e i dissociati che negli anni seguenti dissero qualcosa, non furono mai ascoltati con la dovuta attenzione dagli inquirenti.

Nel libro parla anche del caso Sivori, il carabiniere accusato inizialmente di aver sparato a Recchioni e poi assolto del tutto?

Sì, con lui ci siamo anche confrontati. Questo ci porta a un altro mistero di quella sera. Secondo molte testimonianze sia di attivisti missini sia dello stesso Sivori, quella sera al Tuscolano c’era qualcuno che non ci sarebbe dovuto essere. C’era un provocatore che sparò contro i carabinieri e se ne andò, scatenando il putiferio. Come disse lo stesso Sivori, i missini non erano armati. Risolto questo, il mistero di Acca Larenzia smetterà di essere tale.

Domani alle 18 presso la casa de la Salle in via Aurelia 472 a Roma si svolgerà la presentazione del libro, organizzata dall’Associazione culturale Presente.

Commenti

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  • Paolo 4 Luglio 2018

    Quanta schifezza e’ stata coperta sarebbe ora di far conoscere la vera storia d Italia già dalla seconda guerra mondiale in poi e l accuiescenza che la democrazia Cristiana ebbe dal punto di vista culturale ebbe nei confronti del partito comunista e della sinistra in genere . ( cosa che stiamo pagando ancora oggi )

  • Gianni 27 Giugno 2018

    ADESSO E” IL MOMENTO DI APRIRE TUTTE LE STRAGGI , E I MORTI DEI RAGAZZI DI DESTRA SALVINI APRI I SCHEDARI SAI QUANTE COSE FRA GIUDICI E POLITICI CHE ANNO NASCOSTO

  • 27 Giugno 2018

    Complimenti, in Italia ci vorrebbero tanti autori come Lei per scoprire molto ma molto sommerso e, riscrivere un pò di storia di questa Nazione.