“Quelli che lo spread…”. Da parolina perfida a parolina magica anche per FI
È proprio vero che non ci sono più le stagioni di una volta. E fosse solo questo. Il guaio è che con loro sono scomparsi anche “quelli che lo spread…”. Li ricordate? Ma sì, dopo tutto non è passato via tanto tempo da quando la perfida parolina inglese si infilò come un tarlo nella politica italiana fino a farne segatura. Segatura che veniva tutta dalle gambe su cui si reggeva il quarto governo Berlusconi, l’ultimo scelto direttamente dagli elettori. Disarcionato il Cavaliere, lo spread mise in sella Mario Monti. E da allora uscì dal lessico dell’economia per entrare in quello della politica, dov’è ormai assurto a sinonimo di golpe. Il primo ad accorgersene fu Renato Brunetta, che bruciò tutti sul tempo e con Maurizio Belpietro dedicò al («maledetto») spread un instant book dal titolo inequivocabile: «Storia di una grande truffa». Una variante del «grande imbroglio» con cui poco prima, sempre il sulfureo dirigente forzista, aveva definito la perfida parolina in un’appassionata lettera aperta indirizzata proprio a Monti. Altri tempi, altri Brunetta. E sì, perché ora anche per lui la parolina, da perfida, si è fatta magica. Non più «grande truffa», men che meno «grande imbroglio», oggi lo spread è un fatto terribilmente serio e, ça va sans dire, minaccioso per l’economia nazionale. Ma poiché di Brunetta tutto si può dire tranne che non tenga alla coerenza, ha voluto far sapere che non è lui ad aver cambiato idea, ma è lo spread ad aver cambiato obiettivo: ieri il governo Berlusconi, oggi il governo giallo-verde. E questo spiega tutto: «Nel 2011 fu speculazione, oggi è reazione alle follie del contratto di governo». Se lo dice, sarà senz’altro così. Del resto, lo conferma indirettamente anche un duro come Alessandro Sallusti, il direttore del Giornale, ieri pasdaran dell’inviolabilità della sovranità popolare contro ogni interferenza del Quirinale e oggi inopinatamente in trincea, gomito a gomito con Eugenio Scalfari, a difesa delle prerogative di Mattarella nella scelta dei ministri. Sempre, ovviamente, per impedire allo spread di impennarsi e di fare danni. Ma c’è poco da stupirsi, sapete: i travestimenti li impone anche la politica, mica solo il carnevale.