Sicilia al centro dell’escalation militare in Siria. I timori dei contadini di Sigonella
Riceviamo e pubblichiamo.
Nella giornata di ieri un fortissimo boato, avvertito in tutta la Sicilia sud-orientale, ha fatto comprendere plasticamente che qualcosa stava “ribollendo” nella base di Sigonella. L’ipotesi più accreditata è che si sia trattato di caccia decollati dalla base NATO in direzione Siria.
Massima allerta, quindi, nella base NATO di Sigonella. Dalla base ubicata in mezzo alle campagne della Sicilia centro-orientale, sono partiti nei giorni scorsi dei droni spia, in missione ricognitiva ed esplorativa sul territorio siriano. Evidentemente queste missioni sono state propedeutiche a quanto avvenuto nella notte scorsa, poco prima delle 3 di notte -le 22 a Washington- quando il Presidente e comandante in capo delle forze armate degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato alla Nazione e al mondo di aver dato ordine d’attacco nei confronti delle basi del governo siriano di Assad, precisando d’aver concordato l’azione insieme agli alleati inglesi e francesi. L’Italia, come ribadito dal premier Gentiloni, e come auspicato sia dal centrodestra che dal M5S, non partecipa e non parteciperà attivamente alle operazioni belliche, fornendo soltanto supporto logistico, cioè l’uso delle basi Nato sul proprio territorio. Sigonella, da sempre al centro delle polemiche tra sovranisti e atlantisti, di fatto è territorio americano, quindi, nelle ultime ore sono state aumentate al massimo le misure di sicurezza e gli ingressi sono stati limitati al minimo, una situazione che di fatto palesa lo stato di guerra attuale.
Ancora una volta l’Italia e la Sicilia si trovano al centro di una potenziale escalation bellica dai risvolti non preventivabili e con un Governo nel pieno delle sue funzioni ancora tutto da immaginare. Giovanni è un produttore agricolo che da una vita si guadagna da vivere nella piana di Catania, non lontano da Sigonella, di crisi nel mediterraneo, e quindi a Sigonella, ne ha indirettamente viste tante, ogni volta, ci dice, si ripete la stessa cosa: “U Signuri mi na manna ritta”, ovvero “Che Dio ce la mandi buona”. La fede come ultimo rifugio in una terra lontana, troppo lontana da Roma e Washington.