L'”Ohio italiano” ha punito l’ambiguità del M5S e premiato l’unità del centrodestra
Il Molise rispetto all’Italia non sarà esattamente come l’Ohio rispetto agli Usa, però il risultato di queste elezioni regionali comunque offre interessanti indicazioni a livello nazionale, pure al netto della notevole dispersione delle liste e della ristrettezza numerica del campione. E la prima indicazione, chiarissima è un ridimensionamento del M5S. Gli elettori molisani non hanno evidentemente gradito l’esasperante tira e molla di Di Maio & Company nelle trattative per la formazione del governo. Non hanno cioè compreso la teoria dei “due forni” , quel tentativo, da un lato, di spaccare il centrodestra lusingando Salvini e ponendo il veto su Berlusconi, e quell’ammiccamento, dall’altro, alle componenti “governiste” del Pd: non si capisce bene, peraltro, a che scopo, se per “ammorbidire” Salvini o, viceversa, al fine di perseguire effettivamente una strada alternativa a quella dell’intesa con la Lega. Trascinati dall’onda dell’intransigenza e del rancore (antipolitico), i grillini sono poi costretti a pagare pegno alla politica “politicante” cui sono inevitabilmente costretti dalla complessità della situazione italiana.
La seconda indicazione, altrettanto chiara, è che dal Molise arriva una conferma all’unità del centrodestra. Uniti si vince, spaccati si rischia. L’elettore italiano è “conservatore”: non ama gli esperimenti e le avventure. È una lezione che, non solo Salvini, ma anche Berlusconi devono tenere bene a mente, dopo le asprezze e le tensioni che sono qua e là affiorate in questi giorni. Poi tutto può accadere, la politica, si sa, è la scienza del possibile. Ma una coalizione che aggiunge una nuova regione a quelle che già governa dimostra di essere una forza in salute e un punto di equilibrio per l’intero sistema politico italiano. Difficile prevedere che cosa accadrebbe se una simile realtà si dovesse rompere. Però non è arbitrario immaginare conseguenze devastanti.
Il terzo segnale dell'”Ohio italiano” è l’accelerazione della crisi della sinistra. Una crisi rivelata non tanto dalla sconfitta in se stessa e dai numeri impietosi, quanto dalla rarefazione nelle mente di tanti elettori della “ragione sociale” stessa di questa forza. Non più alternativi al sistema capitalistico, non più difensori delle classi lavoratrici, gli uomini della sinistra italiana pagano amaramente il fallimento della loro esperienza di governo. Se non sanno più fare la sinistra e se non sanno, contemporaneamente, governare che ci stanno a fare?
Con la vittoria del centrodestra in Molise è ormai chiaro a tutti chi ci deve governare.