La “rivoluzione” del M5S russa. Alla faccia degli elettori pentastellati
Ma quale rinnovamento, quale Terza o Quarta Repubblica. Quello dei Cinquestelle è un ritorno al passato. O meglio, un ritorno al peggior passato, a quella stagione in cui il centrosinistra aveva come un unico argomento il conflitto d’interessi. Una litania infinita. Il copione era sempre lo stesso, «basta con le tv in mano a Silvio Berlusconi», «bisogna scippargliele». E poi aveva il Milan. Oddio, che scandalo. E Mediolanum, accidenti. Il tutto mentre il loro abbiamo una banca era . guarda caso – un grido disperato, un sussulto. In fondo, però, il conflitto d’interessi era solo il tentativo di giustificare le sconfitte elettorali. Ora no, è la prova che la rivoluzione del M5S russa, annaspa, indietreggia. Sembra di assistere alla proiezione di un film che da anni è fuori dal circuito cinematografico. Perché – e questo va a merito anche di alcuni esponenti del Pd – di conflitto d’interessi non se ne parlava quasi più. Altri erano (e sono) i problemi degli italiani, sarebbe controproducente ricicciare quell’argomento, si rischia un vaffa. E invece sono proprio i pentastellati (anzi, la “corrente interna” guidata da Fico) a rimetterlo in gioco. È lo zuccherino da offrire per sottoscrivere l’intesa di governo. Quasi una trappola, la mossa per costringere al muro il centrosinistra che, avendo sempre battuto su quel tasto, adesso viene messo nelle condizioni di non arretrare. L’incognita però è che il Pd rischia seriamente la scomparsa dal panorama politico, inghiottito dai grillini, dal loro sensazionalismo, dalla loro propaganda pauperista, dall’organizzazione capillare sui social. Proprio per questo il contratto M5S-Pd, se venisse sottoscritto, avrebbe vita breve. Altre strade restano aperte. Con passi indietro, di lato o giravolte, prima di andare al voto – ed è il pensiero prevalente nei corridoi di Montecitorio – occorre tentarle tutte. E magari cancellare quello che Silvio Berlusconi ha definito «un linguaggio preoccupante», perché «si vuole toccare l’avversario sulla libertà privata e sul patrimonio. È cosa da anni ’70, da esproprio proletario». Tocca ai Cinquestelle usare il bianchetto. Altrimenti dalla Terza Repubblica il M5S rischia di passare alle logiche della Boldrini. E non sarebbe un bel risultato.