Salvini lascia la felpa per il “doppiopetto”: «Spero che il Pd dia una mano»
Ora che l’ora della trattativa è scoccata, finiscono in fondo ad un cassetto anche i toni perentori e ultimativi della campagna elettorale. Era prevedibile. Tuttavia, neppure in politica dove tutto è opinabile e le inconciliabilità non sono mai assolute e definitive gli insulti e le offese reciprocamente volate nel corso degli ultimi mesi tra gli opposti schieramenti possono essere cancellati con un tratto di penna. Se ne stanno accorgendo soprattutto i due vincitori Luigi Di Maio e Matteo Salvini, costretti entrambi a corteggiare il comune nemico, cioè il Pd.
Il “no” di Rosato: «Noi all’opposizione»
Impresa disperata. Soprattutto per il leader leghista, costretto al doppiopetto dopo anni di felpe. Il suo appello ai parlamentari del Pd («spero siano a disposizione per dare una via d’uscita al paese, a prescindere da chi uscirà dalle primarie») dura lo spazio di un flash d’agenzia. La replica arriva a stretto giro di posta da Ettore Rosato: «Il nostro senso di responsabilità – ha argomentato il padre della legge elettorale – è stare all’opposizione. Il senso di responsabilità di chi ha vinto è quello di avanzare una proposta di governo. La Lega non si nasconda dietro a pretesti e costruisca le condizioni per un governo con chi ha i suoi stessi programmi e toni». Una chiusura netta che rischia di complicare, e non poco, i piani del leader leghista. Costretto anche a rintuzzare i boatos che lo vogliono già azzoppato nella corsa verso Palazzo Chigi da un leghista ritenuto meno ostico per l’establishment. Ma il diretto interessato taglia corto e parla di sé in terza persona: «L’unico candidato della Lega – avverte – è Salvini. È brutto dirlo così. Ma questo c’era sui manifesti e elettorali e questo era il patto con gli elettori».
Salvini: «Nessun governo tecnico»
Il capo del Carroccio, che si è detto non contrario («perché dovrei esserlo?») all’ipotesi di affidare una presidenza al M5S, non accede a subordinate, neppure se hanno le sembianze di governo tecnico: «Se viene uno che vuole attuare il nostro programma, allora può andare al governo anche Pippo, Pluto e Paperino. Ma di geni della lampada non ne vedo in giro. Credo che la gente voglia una proposta politica. Non credo al governo tecnico». L’unica alternativa al governo politico è il voto: «O il governo può governare o la parola torna agli italiani». Magari senza più Rosatellum: «Una legge che preveda il premio di maggioranza – ha detto – la farei domani mattina».