Perché la politica dei dazi può avere conseguenze favorevoli

12 Mar 2018 18:54 - di Enea Franza

Come oramai assodato il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha deciso di imporre a tutela dell’industria siderurgica statunitense dazi del 25% sulle importazioni di acciaio e del 10% su quelle di alluminio. Sembrerebbero essere esentati Canada e Messico, partner degli Usa nell’accordo di libero scambio Nafta, ed i «veri amici» degli Usa che, tra i paesi Nato, sono solo quelli che rispettano il target di spesa militare fissato dall’Alleanza atlantica, pari al 2% del Pil. Per inciso, né Italia, né Germania sono adempienti.

Un coro di critiche si è levato contro la politica dei dazi. Non pochi economisti hanno osservato come l’intervento è controproducente per gli Stati Uniti stessi. Tuttavia, ciò non è vero! Infatti, la teoria economica include, tra le diverse misure di politica commerciale, anche i dazi, che, ricordiamolo, nella maggior parte dei casi si sostanziano in una somma di denaro pagata dall’importatore all’ingresso del bene nel Paese che ha imposto il dazio, proprio come previsto da Trump per le importazioni di acciaio e alluminio.

Ora per vedere chi se ne avvantaggia e chi ci perde, occorre analizzare gli effetti che derivano per il Paese che impone il dazio, “effetti” che vanno misurati sugli attori principali, e cioè, sui consumatori, sulle imprese e sul volume complessivo dell’interscambio commerciale. Ad ogni buon conto, si evidenzia come le entrate monetarie date dai dazi costituiscono per lo Stato un introito fiscale e che di questo occorre anche tener anche conto. Come avevamo detto, non pochi economisti imputano ai dazi effetti complessivi negativi sul benessere sociale del paese che li impone. Essi argomentano che una politica protezionistica determina una generale perdita di efficienza del sistema e, comunque, il peggioramento nella ragione di scambio, ovvero del rapporto al quale beni di diversi paesi vengono scambiati. Sul punto, c’è una generalità di consensi, che non deve però trarre in inganno, perché – a ben vedere – essa vale solo quando ad imporre il dazio sia un paese di dimensioni modeste – quali possono essere i paesi in via di sviluppo del continente africano, o dell’ex blocco sovietico. Infatti, se gli effetti negativi su consumatori, imprese e interscambio sono accertati e verificati nel caso di un piccolo paese, l’effetto di un dazio applicato da un paese grande (come gli U.S.A. ad esempio) ha, in realtà, conseguenze ambigue e può determinare addirittura un beneficio per il soggetto che l’impone. Vediamo meglio, perché di tale analisi non leggiamo molto sulla stampa quotidiana.

Ebbene, se il Paese importatore è grande, dopo l’imposizione del dazio, il prezzo internazionale del bene generalmente diminuisce (dato che diminuisce la domanda del bene colpito da dazio) e ciò determina nel paese che impone il dazio due effetti contrastanti: certamente la perdita di efficienza nella produzione e nel consumo a cui si associa un effetto negativo sul prezzo interno del bene che aumenta, ma un miglioramento della ragione di scambio per il paese che impone il dazio e, quindi, un contrario effetto positivo sempre sul prezzo del bene colpito dal dazio; per cui ne deriva che, in assenza di ritorsioni, vi potrà essere un miglioramento del benessere sociale del paese che impone il dazio. Ecco, semplicemente, come si giustifica la politica di Trump, senza retoriche e nel pieno rispetto degli insegnamenti della dottrina economica.

Commenti

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  • Prof. Pasquale Montemurro 14 Marzo 2018

    In pochi sanno che la Cina impone dazi a numerosi prodotti italiani.

  • dr. Pietro Benigni 13 Marzo 2018

    Sono anch’io d’accordo sui dazi. Li dovrebbe usare anche l’Italia per difendere la produzione italiana e il lavoro degli italiani come se si trattasse di un settore strategico, e in effetti lo è.
    La concorrenza globale è valida solo se le condizioni di lavoro e la protezione sociale è uguale ovunque ma così non è e allora è bene che ci siano i dazi fino a che non si ha un riallineamento di tutti i valori di base.
    Ma il discorso è ancora più vasto, oltre a consentire i dazi deve anche essere ostacolata la delocalizzazione e quindi deve essere reso uguale anche il costo dell’energia elettrica, il costo del denaro e la tassazione sugli utili. Una spa non comporta lo stesso impegno che richiede una persona fisica quindi deve pagare pochissime tasse. Le tasse competono più alle persone fisiche e devono essere molto più leggere per le imprese. Finché non si armonizza il tutto, i dazi sono indispensabili.

  • Tino C 13 Marzo 2018

    Adrebbe fatto anche con i nostri prodotti soprattutto dalle ingerenze UE che ci penalizzano in tutto

  • enrico longhi 13 Marzo 2018

    Dazi soprattutto sulle importazioni dal far-east e continui controlli a tappeto sulla liceità (sanitaria e commeciale) delle merci importate

  • Aldo Barbaro 13 Marzo 2018

    Condivido perfettamente quanto scrive il Sig. C. Brandani!

  • C. Brandani 12 Marzo 2018

    Trump fa il suo mestiere mantenendo ciò che ha promesso in campagna elettorale. L’Italia faccia il suo interesse proteggendo i prodotti nazionali che sono peraltro eccellenti e quindi molto richiesti. Quindi dazi anche da noi per ciò che entra in Italia e fa concorrenza ai nostri prodotti.

    • bruno buono 13 Marzo 2018

      d’accordo