Non si è affatto fermata la persecuzione comunista della minoranza Rohingya
Ci hanno raccontato balle: il Myanmar, l’ex Birmania, dove vige una dittatura comunista di militari, non ha affatto interrotto la pulizia etnica dei musulmani Rohingya nello stato di Rakhine. E’ quanto denuncia l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, per il quale nel Paese è in corso una campagna di “terrore e fame forzata”, destinata a incentivare la fuga in Bangladesh delle persone appartenenti a questa minoranza etnica. “La pulizia etnica di Rohingya dal Myanmar continua. Il governo birmano continua a ripetere al mondo che è pronto per il loro ritorno, ma allo stesso tempo le forze di sicurezza continuano a mandarli in Bangladesh”, ha detto Andrew Gilmour, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per i diritti umani, sottolineando il ruolo centrale dell’esercito e la totale assenza di azione del governo guidato dalla vincitrice del premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi, acclamata campione di democrazia per l’Occidente, accusata di non avere fatto nulla per cambiare lo status quo e di mantenere una posizione largamente anti-Rohingya e filo-militare. Oltre 700.000 persone sono fuggite in Bangladesh negli ultimi sei mesi e in centinaia continuano ad attraversare il confine ogni settimana. L’esercito insiste sul fatto che l’operazione militare è stata avviata a seguito degli attacchi a fine agosto 2017 compiuti dai ribelli Rohingya, definiti “terroristi”.