Scomparsi in Messico. La famiglia: “Sono in carcere, intervenga il ministro Alfano”
Il caso dei tre cittadini italiani scomparsi in Messico, per certi versi, potrebbe essere un altro caso Regeni? Il sospetto (si spera con un esito diverso che riconsegni sani e salvi i tre italiani) è stato sollevato da Napoli, dai familiari di Raffaele Russo, del figlio Antonio e del nipote Vincenzo Cimmino. Le autorità messicane potrebbero tenere nelle loro carceri i tre italiani, ma non avrebbero divulgato la notizia.
Spariti in Messico: un giallo che dura da tre settimane
«Siamo convinti – affermano i familiari dei tre scomparsi in Messico il 31 gennaio – che siano rinchiusi in un carcere. La Farnesina deve insistere sulla pista che porta al commissariato di Tecalitlan dove, nel giorno della scomparsa, un’operatrice ci assicurò al telefono che erano in loro custodia». In pratica, si ribadisce la necessità che il nostro ministro degli Esteri, Angelino Alfano, alzi la voce con le autorità messicane. Sarà in grado di farlo? Il precedente del governo italiano (all’epoca il ministro degli Esteri era Paolo Gentiloni) con l’Egitto in merito alla scomparsa di Giulio Regeni, non lasciano ben sperare. E i precedenti riguardano appunto il “portavoce” della famiglia, Gino Bergamè, che aggiunge anche di essere stato contattato da parenti di altre persone, da tempo all’oscuro della sorte dei loro congiunti.
I precedenti degli italiani in Messico
«Qualcuno di noi – aggiunge – ha anche pensato di raggiungere il Messico ma, a parte la mancanza di diponibilità economica, crediamo, vista la reticenza finora mostrata dalle istituzioni messicane, che sarebbe un viaggio a vuoto e, forse, anche pericoloso. La nostra unica possibilità rimane affidarci alla Farnesina». Sempre che Alfano sia davvero in grado di ottenere qualche risultato.