19 anni fa moriva Tatarella. Di lui è orfana non solo la destra ma la politica italiana
Pioveva come come piove oggi in quell’ormai lontano 8 febbraio di 19 anni fa, l’ultimo vissuto da Pinuccio Tatarella. Il primo vicepremier missino, l’unico ad aver presieduto il Consiglio dei ministri, era da tempo in attesa di trapianto di fegato. E quando l’ospedale di Torino gli comunicò che tutto era pronto, non si concentrò tanto sul pericolo – sempre in agguato in un intervento chirurgico – quanto sulle imminenti elezioni europee. Pinuccio era fatto così. Per lui la politica era tutto. E veniva prima di tutto. Prima anche del bisturi. Non era lavoro, ma missione intrisa di passione e di divertimento, come è tipico per i talenti naturali. E che lui lo fosse, ne ebbero conferma tutti a destra la sera dello spoglio, con An che usciva terribilmente ridimensionata dalle urne dopo la sua intesa con Mariotto Segni. «Abbiamo giocato al calcio con l’ovale del rugby», sintetizzò mirabilmente Mimmo Nanìa intervenendo in quella seduta di autocoscienza che era diventata la direzione nazionale riunita per il rito dell’analisi del voto. Aveva ragione: era stata punita la decisione di arruolare personalità esterne in un’elezione tutta proporzionale dove a contare è il voto identitario. Il pallone sbagliato, appunto. Mai metafora fu più convincente. Tempo un minuto, e da seduta di autocoscienza, la direzione nazionale si trasformò in seduta spiritica su cui incombeva il genio scomparso di Pinuccio, l’unico – a detta di tutti – che non avrebbe mai preteso di giocare al calcio con l’ovale del rugby. Da allora poco è cambiato. Persino oggi, persino a distanza di tanti anni dalla sua morte, a destra c’è chi ancora cerca di immaginarne le mosse. E noi tra questi. Chissà – ci chiediamo – che cosa direbbe l’inventore del Tatarellum, l’eponima legge elettorale che introduceva l’elezione diretta dei presidenti delle regioni con annesso premio di maggioranza alla coalizione vincente, dell’attuale Rosatellum, il nuovo sistema di voto rimasto inopinatamente orfano ad onta dei voti di fiducia che lo hanno blindato in Parlamento. A maggior ragione ora che la propaganda dei leader batte sull’immediato ritorno al voto in caso di stallo elettorale. Peccato che molti siano gli stessi che quella legge l’hanno votata e magnificata come un monumento alla governabilità. Segno del declino dei tempi. Ma anche segno inequivocabile che uno come Tatarella non manca solo alla destra, ma all’intera politica italiana.