Pippo Fava, 34 anni fa l’omicidio di mafia. La sua lezione è sempre attuale

5 Gen 2018 16:33 - di Redazione

Trentaquattro anni fa moriva Pippo Fava, giornalista e scrittore, assassinato dalla mafia. Fava fu freddato a Catania, la sera del 5 gennaio 1984, per mano di sicari del clan Santapaola contro cui si era impegnato per tanta parte della sua attività professionale. Le denunce di Pippo Fava sulle connivenze tra mafia, politica e imprenditoria catanese dapprima dalle colonne del Giornale del Sud e poi dalla rivista “I Siciliani” sono ancor oggi un esempio per tutti coloro che combattono davvero e non a parole il fenomeno mafioso nell’isola. Catania ha ricordato il giornalista con diverse iniziative. Iniziative culminate nell’incontro-dibattito al teatro Verga, con la partecipazione del figlio Claudio e che è stato preceduto dalla proiezione di un trailer-film. Nel Giardino della Memoria di Ciaculli, cronisti e magistrati nel gennaio del 2005 hanno piantato un albero dedicato a Giuseppe Fava. E’ stato il primo albero piantato nel Giardino, assieme a quello dedicato a Borsellino. Lo scorso luglio Claudio Fava, all’indomani della visita della Commissione parlamentare antimafia nel Giardino della Memoria di Ciaculli, fece pervenire questo messaggio: “Un Giardino della Memoria sono radici, piantate a trattenere insieme le cose accadute, i volti, le storie, le rabbie, i lutti, le promesse, le illusioni, le sfide, le verità rivelate e quelle taciute. E’ così ovunque, anche a Palermo, nelle tre terrazze di terra e di alberi piantate a Ciaculli. Da una parte la luce del golfo, dall’altra la montagna bianca e in mezzo questo lembo di terra riempito con i nomi di tutti i caduti per mano di Cosa nostra. Come un punto fermo. Radici salde. Memoria che cresce. I frutti? Quelli, nel Giardino della Memoria, non ci sono. I frutti stanno fuori da quel fazzoletto d’alberi e di lapidi. I frutti sono i vivi, non i morti: il loro modo di far buon uso di questa memoria e di evitare che servano altri ulivi, altri nomi, altre lapidi. I frutti toccherà a noi raccoglierli, se ne saremo capaci”. “Questo luogo – aveva dichiarato il 19 luglio scorso Claudio Fava – fa parte oramai da tempo di quei siti in cui viene espresso l’esercizio della memoria ai più alti livelli, grazie all’opera di magistrati e giornalisti che lo gestiscono a pieni voti”.

 

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