Si consegna Lusi, ex-tesoriere della Margherita: rubò 25 milioni di euro

20 Dic 2017 14:28 - di Paolo Lami

Si è costituito stamattina nel carcere di Avezzano l’ex -tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, condannato, in via definitiva, ieri, a 7 anni di reclusione. E’ stato il suo avvocato, Renato Archidiacono, a rivelare che Lusi, accusato di appropriazione indebita, per la sottrazione di 25 milioni di euro dalle casse del partito, e calunnia nei confronti di Francesco Rutelli, si era consegnato alla polizia penitenziaria del carcere abruzzese.
Cinquantasei anni, avvocato penalista specializzato in contrattualistica e immobiliare, Lusi è stato senatore del Centrosinistra per due legislature, prima con L’Ulivo di Prodi e, poi, con il Partito Democratico ma viene da una solida tradizione comunista, quella del Pci al quale era iscritto.
Proveniente dal mondo scoutistico, come Renzi, dove ha avuto un ruolo di rilievo, Lusi ha avuto l’opportunità di scalare la vita politica grazie al suo mentore Francesco Rutelli che lo impose ai romani (e alle loro tasche) come consulente giuridico del Comune di Roma per ben due anni e per un altro anno ancora come consulente per le politiche della sicurezza.

Come se non bastasse il personaggio ha esercitato perfino le funzioni di magistrato onorario al Tribunale di Velletri per due anni e il Centrosinistra lo ha, poi, rifilato nuovamente ai romani: prima Rutelli, poi Veltroni, lo hanno paracadutato sulle poltrone di Delegato del sindaco di Roma, consigliere di amministrazione di Metroferrovice presidente di Trambus. Una serie di scelte che sono costate care all’ex-sindaco Rutelli.

La Corte dei Conti farà a pezzi la figura di Lusi chiedendo all’ex-sindaco, colpevole di aver scelto questo genio incompreso a spese dei romani, il danno erariale con queste motivazioni: «Il dottor Lusi non possiede i requisiti di elevata professionalità richiesti per un incarico così specifico, posto che i suoi precedenti impegni in materia di organizzazione si riferiscono esclusivamente alla gestione di campagne pubblicitarie, attività palesemente diversa dalla riorganizzazione organica e funzionale del corpo di Polizia Municipale. A ciò aggiungasi che l’interessato, così come accertato dalla guardia di Finanza, si è laureato solo nel gennaio 1994 mentre ha assunto l’incarico in questione nel luglio dell’anno successivo per cui il Lusi non poteva avere certo l’alta professionalità richiesta dalla legge al riguardo».

«Dagli atti emerge – prosegue spietatamente la relazione dei magistrati amministrativi – l’indeterminatezza e la genericità degli incarichi di consulenza assegnati al dottor Lusi per oggetto e per finalità, il primo dei quali è stato conferito quando il consulente non era neppure laureato. Inoltre, manca nell’interessato la specifica elevata professionalità prevista in relazione alle materie oggetto dei due incarichi. L’unico dato che emerge dal curriculum riguarda i numerosi incarichi svolti presso l’associazione guide e scouts cattolici italiani, i quali certamente non possono ritenersi sufficienti per individuare nel consulente l’alta professionalità da intendersi nel senso di possesso di cognizioni tecniche di livello superiore a quello riscontrabile nell’apparato amministrativo».

Un campanello d’allarme come questo non consigliò agli esponenti della Margherita di prendere con le pinze il personaggio. La Corte dei Conti era stata più che esplicita. Ma nell’ubriacatura euforica delle campagne elettorali per abbattere l’odiato Cavaliere, il Centrosinistra non volle guardare quello che era evidente a tutti meno che a loro. Così Lusi, portato in palmo di mano, viene nominato tesoriere della Margherita. E grazie a questo ruolo riesce a sottrarre i soldi dei rimborsi elettorali. Piccoli prelievi per volta che sfuggono ai controlli. Un fiume carsico di cui nessuno sembra accorgersi. Luis crea una vera e propria contabilità parallela. E, poi, trasferisce il denaro così accumulato in Canada attraverso 90 bonifici, tutti oggi tracciati, facendoli confluire nelle casse della società TTT, una piccola srl della quale era unico proprietario. Non contento, utilizza poi lo strumento dello “scudo fiscale” per far rientrare in Italia i soldi sottratti. E, utilizzando i parenti come prestanome, inizia a investire i soldi rubati in immobili di notevole pregio fra cui un appartamento nel cuore di Roma, in via Monserrato, a due passi da piazza Navona, e un grande villone ai Castelli Romani.

La cosa potrebbe andare avanti tranquillamente – quella vecchia volpe di Arturo Parisi inizia ad avere qualche sospetto ma viene ignorato – senonché la Banca d’Italia vede quel viavai di soldi sui conti. E fa partire una segnalazione. E’ il patatrac. E inizia un curioso balletto mentre gli accertamenti giudiziari sul buco nei conti provocato dal senatore Pd procedono a ritmo serrato. I boss del Centrosinistra fanno a gara per convincerlo a dimettersi. Ma Lusi fa una certa resistenza per schiodare dalle poltrone che gli hanno regalato nel corso degli anni.
L’imbarazzo a sinistra si taglia a fette grosse come bistecche. Finché il Pd lo espelle con non poca fatica. Pensano, con un certo sollievo, di esserselo tolto dai piedi. Ma il “traditore” cacciato dalla porta  rientra dalla finestra. Il Tribunale civile di Roma giudica illegittima l’espulsione e lo reintegra nel partito dove si inizia a stare stretti così, gomito a gomito, con quello che gli ha svuotato le casse. Fessi sì, ma non due volte.

Interrogato dai magistrati, Lusi vuotai sacco. E giura di aver soltanto eseguito gli ordini. E consegna ai pm che indagano anche due lettere a firma di Rutelli in cui verrebbero indicate le regole della spartizione dei soldi fra Fondazioni, partiti e partitini. L’ex-sindaco lo denuncia per calunnia e diffamazione. Finisce così, fra gli stracci che volano, l’amore storico fra Lusi e Rutelli. La Procura di Roma sposa la tesi dell’ex-sindaco. E porta a processo l’ex-senatore dell’Ulivo e del Pd. Condannato in via definitiva due giorni fa a 7 anni di carcere.

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